default_mobilelogo

Newsletter

Vuoi ricevere una notifica quando sono disponibili nuovi contenuti sul nostro blog? clicca qui

Odisseo, non respirare l'aria del mare, per te profuma di avventura, per me solo di lutto. / Scivoli tra le dita come acqua, fuggi nel mare, fuggi di nuovo via da me./ Ti dico: il mare non ama. Non sa farlo. Io, invece, ti amo, e tanto./ Non ti permetto di andar via!

 

Odyssee, D'haus, 2023, @Sandra ThenIl drammaturgo e poeta ucraino Pavlo Arie ha lasciato la patria dopo lo scoppio della guerra per trasferirsi in Germania, dove gode di una certa notorietà e dove ha già collaborato con teatri importanti (vedi qui). In Italia, due suoi testi sono stati presentati lo scorso maggio al Piccolo Teatro. Il suo ultimo lavoro, con il titolo Odyssee (Odissea), ha avuto la prima il 10 febbraio al Schauspielhaus di Düsseldorf.

La pièce doveva intitolarsi Penelope, ma Odissea è certamente più inclusivo, richiama la sorte di tutti i reduci di guerra, come Odisseo, e ricorda gli orrori subiti da chi non va a combattere, da chi è costretto a restare a casa, come le donne e i bambini. D'altro canto, si tratta di un titolo ironico: perché qui Odisseo non c'è, come non c'è nessun maschio; sono tutti partiti per andare a combattere. Questo è invece il canto di Penelope, o meglio delle tante Penelopi che non vogliono e non hanno voluto la guerra, ma devono ugualmente subirne le ferite nel corpo e nella mente.  

Si tratta dunque di un nuovo tentativo di riscrivere Omero dalla parte di chi nell’epica ha un ruolo minore, ossia le donne, le ‘ragazze’ del romanzo di Pat Barker (Il silenzio delle ragazze, Einaudi, 2019, ove rivivono i sentimenti e le paure delle schiave di guerra che nell’Iliade vengono a malapena menzionate).  Un tentativo, insomma, di vedere la vicenda della guerra di Troia con gli occhi di Penelope, rimasta da sola a casa, con un figlio da crescere e un regno da gestire, mentre il marito per vent'anni fa l'eroe: la fedele Penelope, della quale da ultimo ha cercato di  raccontare la sorprendente morte un romanzo breve e amaro di Maria Grazia Ciani (La morte di Penelope, Marsilio 2022).

Odyssee, D'haus, 2023, @Sandra Then

Penelope però in questa messa in scena, contraddicendo la secolare tradizione, va alla guerra – come recita il titolo di uno dei romanzi di Oriana Fallaci; e la guerra non è quella del mito, ma una guerra assai più vicina, contemporanea, a cui tutti noi stiamo prendendo parte, che lo vogliamo o meno, una guerra pericolosissima eppure sottovalutata, scoppiata un anno fa con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Oltre al drammaturgo, anche il regista Stas Zhyrkov, è una figura di spicco del teatro contemporaneo ucraino (vedi qui una sua testimonianza di circa un anno fa, in collegamento con il teatro Elfo Puccini di Milano). Due uomini, dunque, che raccontano la guerra anche attraverso il più celebre degli archetipi mitici, e da un punto di vista differente dal loro, per genere ma anche per condizione culturale e sociale. Tutto sommato, né Arie né Zhyrkov sembrano essere mai andati al fronte.

Pavlo Arie riscrive dunque l’Odissea rendendo protagonista Penelope, che non se ne sta più però in attesa nella reggia assediata dai pretendenti. Questa Penelope va via, è una profuga, e la pièce raccoglie innanzitutto le testimonianze di tre generazioni di donne che hanno perso tutto fuggendo da successive, crudeli e folli guerre. Così le interviste ad alcune donne ucraine in esilio, che espongono allo sguardo altrui le loro esperienze traumatiche non temendo la vergogna, si intrecciano alle riscritture e rielaborazioni di episodi omerici.  Qui si può seguire tutta la storia della messa in scena, dalla prima ideazione alle prove.

Le Penelopi ucraine sono soldatesse, infermiere e medici, addestrano cani, crescono figli, si rifugiano nelle cantine, sono vittime delle granate o delle violenze sessuali. Ma non tutto è dolore, o meglio: le donne riescono anche a ridere del dolore, come quando si canta e si fa musica con una chitarra o si ironizza su quel che accade quando si deve scappare da una zona di guerra portando con sé cani, gatti e altri animali domestici.

E c’è infine una struggente storia d’amore tra adolescenti: una ragazza di Düsseldorf si innamora di un ragazzo ucraino, con la forza, il sogno e l’incoscienza del primo grande amore. Il ragazzo però deve partire, come Telemaco, alla ricerca del padre, e torna in patria, nell’occhio del ciclone, sotto le bombe: il treno su cui sale porta il numero 2402, come la data d’inizio della guerra. Riuscirà a tornare dal suo amore?

In scena vi sono sette donne e due bambini ucraini e sette donne di Düsseldorf, nessun attore professionista. Lo spettacolo, in tedesco e in ucraino, commuove, irrita, fa indignare, ma diverte anche, lascia intendere che la vita va sempre avanti, nonostante tutto.

Uno spettacolo che denuncia ancora l’abominio della guerra, la violenza specie verso chi è più fragile o indifeso, non può che essere benvenuto. E tuttavia, fuori dai teatri, sarebbe il momento di mettere in atto un pacifismo più incisivo e schierato, una protesta collettiva, le cui molte voci superino le voci grosse dei governanti europei e le loro giustificazioni per una corsa sfrenata agli armamenti, una corsa che non è più ammissibile, se mai può esserlo stata.  

Odyssee —  di  Pavlo Arie

Con: Renat Bezpaliuk, Marta Bezpaliuk, Yuliia Birzul, Oleksandra Dolobovska, Olha Fish, Vasylysa Furmanova, Viktoria Gershevskaya, Alrun Juman Göttmann, Illia Ivliev, Kristina Karst-El Scheich, Greta Kolb, Tetiana Kuleba, Charlott Lindecke, Iryna Marchenko, Julie Marienfeld, Alexandra Peschke

Regia Stas Zhyrkov

Scene e costumi Paulina Barreiro

Musica Mariana Sadovska

Video Lev Gonopolskiy

Traduttore Sebastian Anton

Luci Konstantin Sonneson

Drammaturgia Birgit Lengers

Foto @Sandra Then