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Antigone “da Sofocle”, per la regia e drammaturgia di Giovanna Cordova, è uno degli spettacoli di maggiore richiamo dell’edizione di quest’anno (la 74esima) del Ciclo di Spettacoli classici al Teatro Olimpico di Vicenza, dedicata al tema della Giustizia e delle sue molteplici incarnazioni nella tradizione del mito (il titolo della rassegna, sotto la direzione artistica dello scrittore e regista Giancarlo Marinelli, suona precisamente Nemesi. Ogni viso avrà diritto alle carezze).

Le tre serate di rappresentazione dell’Antigone  – 1, 2, 3 ottobre 2021 – hanno registrato il tutto esaurito, sia pure con una capienza dimezzata, causa pandemia, del magnifico edificio palladiano. Si tratta di una rivisitazione particolare del dramma sofocleo, che non altera per nulla la struttura drammaturgica e la sequenza degli episodi come si trovano nel modello greco, ma lo riscrive con tratto lieve, con aggiunte, cancellazioni, modifiche. La riscrittura di Giovanna Cordova rende il testo più semplice, certamente di più immediata comprensione, ma in buona sostanza lo banalizza riducendo la tragedia del V secolo a.C. ad un “dramma di famiglia” piccolo borghese.

Antigone, teatro Olimpico, ottobre 2021  @Di Biasio

 La proposta della Cordova con i giovani attori di Tema Cultura Academy – di cui Cordova è direttrice artistica – consiste nell’intendere il dramma sofocleo come la storia di una vicenda famigliare, un conflitto in cui tutti i personaggi sono legati tra di loro da un legame di sangue, e nel quale nessuno può dirsi totalmente innocente o totalmente colpevole. Lo sottolinea fin dall’inizio un coro femminile che in un Prologo di totale fantasia mitopoietica racconta i precedenti del mito: la morte di Giocasta e Edipo, risalendo all’indietro fino ai misfatti di Laio (lo stupro di Crisippo). Il richiamo alle disgrazie precedenti è un Leitmotiv che ritorna di continuo in bocca ai personaggi. Una tale impostazione risulta, tuttavia, eccessivamente didascalica e costituisce tutto sommato un sovraccarico rispetto alle dinamiche di svolgimento dell’azione scenica.

Antigone, teatro Olimpico di Vicenza, 2021, @Di Biasio

Fastidiose risultano anche le battute in greco antico pronunciate con enfasi dal coro femminile (uno dei tre cori presenti in questo allestimento) quasi che fosse necessaria la lingua greca per conferire sacra solennità ai contenuti. Quello di far scandire al coro o a un personaggio delle battute in greco antico è un espediente di straniamento (chissà quanti tra gli spettatori colgono il senso delle parole) che si usava un tempo nelle rappresentazioni di tragedie greche, ma oggigiorno decisamente obsoleto. Le battute in greco, in questo caso specifico, si riferiscono per lo più ad alcuni passaggi chiave del testo sofocleo, dal celeberrimo incipit del primo stasimo Πολλὰ τὰ δεινὰ κ’ οὐδὲν ἀνθρώπου δεινότερον πέλει («Molte sono le cose straordinarie, eppure nulla vi è di più straordinario dell’uomo»), alla battuta di Antigone (v. 523) Οὔτοι συνέχθειν, ἀλλὰ συμφιλεῖν ἔφυν («Non sono nata per unirmi all’odio, ma per unirmi alla philìa»).

Antigone, teatro Olimpico di Vicenza, @Di Biasio

La scelta di adottare un registro narrativo lontano dal tono epico e tragico, che punta invece ad una sorta di “lessico famigliare” per meglio esprimere il legame dei protagonisti, non si rivela una scelta del tutto felice. Certo, l’Antigone sofoclea è anche la vicenda disgraziata di una famiglia schiacciata dal destino, ma se si mette in primo piano questa dimensione, restano troppo sullo sfondo quella politica e lo stesso contrasto tra legge della città e legge sacra (non scritta), che pure sono tematiche irrinunciabili, se non altro per la millenaria tradizione ermeneutica che si portano dietro. Nella prospettiva “familistica” dell’Antigone di Giovanna Cordova risalta la brillante inserzione di una scena in cui Antigone (Paola Zuliani) e il fidanzato Emone (Francesco Zanlungo) si incontrano, poco prima che Antigone venga condannata, e si parlano teneramente tra abbracci, baci ed effusioni. A questa scena fa da pendant quella conclusiva in cui sono Creonte (Ivana Monti) e Ismene (Matilde Bellotto), gli unici due sopravvissuti del ghenos labdacide, ad abbracciarsi nella ricerca di una consolazione impossibile.

Antigone, Teatro Olimpico, Vicenza @Di Biasio

Interessante la scelta di far recitare una donna, Ivana Monti, nel ruolo maschile di Creonte, figura sempre recepita come simbolo del potere maschile, autoritario e dispotico. Ivana Monti è un’attrice di lungo corso, con una solidissima carriera alle spalle. Nell’Antigone andata in scena al Teatro Olimpico riesce a conferire al suo Creonte una dose significativa di fragilità, flessibilità. disponibilità ad ascoltare le ragioni altrui. Non vorrebbe affatto condannare a morte la nipote, lo fa perché costretto dal ruolo in cui si ritrova, quello di garante della comunità e del rispetto delle leggi. Anche lui è vittima più che colpevole, e la condanna che decreta è una sua sconfitta personale. Tuttavia, l’idea intrigante di un Creonte al femminile avrebbe potuto essere espressa in maniera più incisiva, e il ribaltamento di genere portato fino alle estreme conseguenze. Qui è un’attrice donna a impersonare il tiranno di Tebe, ma questi resta una figura sostanzialmente maschile. Ben più innovativa ed efficace sarebbe stata la proposta di un Creonte totalmente donna, come accade nel recente Amare amaro, film di Julien Paolini del 2018, che trasporta la vicenda di Antigone nella realtà di un villaggio siciliano contemporaneo, dove Creonte è la sindaca del paese, e Antigone un uomo.

Antigone, Teatro Olimpico, 2021, @Di Biasio

Risulta convincente l’idea di far recitare Tiresia da un adolescente, a torso nudo, accompagnato da un bambino, rovesciando le convenzioni che vogliono il profeta vecchio e cieco. Il personaggio dell’indovino deve portare in teatro disagio e sconcerto, e questo Tiresia ragazzino lo fa egregiamente. Ben riuscite anche le coreografie, curate da Silvia Bennett, forse l’aspetto migliore di questa Antigone vicentina. In scena si alternano tre cori differenti, ben differenziati sul piano cromatico. C’è quello delle donne in abito bianco, che muovono continuamente una matassa di grossi fili di tela (i fili del destino? I fili della memoria?) avvolgendoli e dipanandoli con movimenti di spettacolare sincronia. Poi c’è un coro di uomini in abito nero con maschera bianca sul viso, e quello dei consiglieri di Creonte in rosso. Tutti gli abiti sono lunghi e rimandano all’immaginario dei pepli antichi, ma per la loro elegante suntuosità anche alle vesti di corte del Rinascimento. Diciamo che si integrano perfettamente nella cornice palladiana del teatro vicentino.

Antigone, Teatro Olimpico, 2021, @Di Biasio

ANTIGONE da Sofocle

Prima nazionale nell’ambito del 74° Ciclo di spettacoli classici (Vicenza, Teatro Olimpico, 1, 2, 3, ottobre 2021).

Drammaturgia e regia: Giovanna Cordova

Arpa: Quim Rovira Camacho (Istituto musicale Manzato Treviso)

Coreografie: Silvia Bennett

Disegno Luci: Gianluca Ciccolini

Attori: Ivana Monti (Creonte), Paola Zuliani (Antigone), Matilde Bellotto (Ismene), Francesco Zanlungo (Emone), Sebastiano Maselli (Tiresia), attori di Tema Cultura Academy.

 

Per le foto, crediti Roberto Di Biasio