Mentre questo blog compiva i primi progressi e cominciava a diffondersi, è scoppiata la pandemia di covid 19. Intrecciandosi con gli innumerevoli altri fenomeni tragici del presente, la pandemia ha esasperato la visione tragica del mondo. Il pensiero tragico, che si interroga sul dolore e sulle lacerazioni della realtà, ha dovuto confrontarsi con un’esperienza nuova di paura e morte.
La pandemia ha posto con maggiore urgenza le questioni etiche legate al rapporto uomo-natura, ai costi della mancanza di previdenza ecologica, ha imposto alla scienza un'aura fideistica, chiedendo agli scienziati certezze e soluzioni a scadenza immediata; ha inoltre costretto gli individui a rinunciare ai rapporti sociali, ha messo in crisi il concetto di 'umanitarismo' e ha steso sospetti persino sui riti della morte e sui legami familiari.
Molti degli interrogativi dell'oggi sono già stati posti dalle tragedie greche, che si riconfermano testi archetipici del pensiero occidentale e anche testi che sempre sanno rispecchiare le fratture epocali. La tragedia greca è il genere della cesura: incide nel tempo, obbliga alla memoria, induce alla rivoluzione. La parola tragica greca, nell'afferrare il corpo di chi la esperisce, sa anche uccidere, perché non offre soluzioni ma si impossessa fisicamente di chi partecipa ai suoi conflitti.
Dopo lo scoppio della pandemia, la nostra ricerca ha subito dunque una via nuova, eppure in continuità con la precedente. Le nostre riflessioni più meditate hanno assunto la forma di rivista e si ampliano adesso alle scene del mondo.
Anche il blog intanto si amplia, a includere visioni e re/visioni della tragedia greca sulle scene italiane contemporanee, ma anche riflessi di ogni agire, individuale e politico, che possa far riferimento ai miti tragici greci, che in questi trovi materiali di discussione, narrazioni, elementi di dissenso.