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Il titolo del progetto di Romeo Castellucci, 'domani’, va al cuore del tema della imminente 23a Esposizione internazionale alla Triennale di Milano, Unknown Unknows. An Introduction to Mysteries, per la quale è stata commissionata.

Il termine ‘misteri’ nell’antichità si riferisce a quei culti riservati agli iniziati, che fiorirono sin dall’età arcaica a margine dei culti ufficiali. Proprio per la loro segretezza, mancano di testimonianze e di documentazione e sono perciò avvolti dal mistero anche nel senso che il termine ha nelle lingue moderne, rendendo difficile la risposta alle questioni: cosa accadeva durante quei culti che avevano il potere di cambiare la vita di chi ne prendeva parte? Si assumevano droghe e allucinogeni, si praticava sesso orgiastico, si subiva violenza? Quale che fosse il contenuto di quei culti, prendendovi parte si veniva a contatto con qualcosa che si credeva divino, si entrava in un'altra dimensione.

La performance di Castellucci, ci sembra, ambisce a evocare l’atmosfera emotiva di quei culti segreti: si svolge in un luogo chiuso e vi prende parte un pubblico ristretto a cui si dà la libertà di muoversi o fruire dello spazio come vuole. La performance non dice, non racconta, non contiene alcun testo, nemmeno religioso o allegorico. Si tratta di una esperienza emotiva a cui si partecipa come mystai, come ‘coloro che devono essere iniziati’.

S. Maria Capua Vetere, affresco del Mitreo

Dopo essere entrati dalla porta, il tempo si interrompe, si frattura. Una figura imponente e cieca, un veggente venuto fuori dalle viscere del tempo, vaga affidandosi alla rabdos, al bastone, per orientarsi nel suo avanzare nel buio: il bastone, oggetto sacro, indica la via, segna cioè la direzione per un possibile domani, ma dà anche vaticini, con il vibrare di rami secchi che anima il silenzio sbigottito. Il bastone, soprattutto, sembra cercare e riesce a trovare punti sensibili attraverso cui si accede ad un’altra realtà, a un altro mondo (l’Ade? Oppure il futuro? Dio?). Toccando quei punti si manifesta qualcosa di superiore e sacro e l’epifania avviene in forma di suono.

Il ‘domani’, l’essenza del domani, sta nel rito. Se ci chiediamo cosa ci aspetta domani o cosa sarà il domani, dobbiamo saper interpretare i segni, sia che questi appaiano sotto forma di algoritmi o dati matematici che di più tangibili simboli.

Cosa sarà il domani, cioè, diventa una domanda a cui si risponde solo attraverso la riflessione che segue alla meraviglia, quando recuperiamo la lucidità per interrogare il senso dei singoli elementi simbolici, ad esempio la cecità del veggente e le cause della sua estasi, il bastone frondoso e il suo brusìo, la scarpetta alla cima del bastone stesso che tasta il terreno, l’impurità del veggente, tutti 'segni' che restano nella mente di chi li ha esperiti e che non possono essere raccontati.

Perché il segreto dei misteri, di quell’esperienza che cambia lo stato stesso della mente, dopo la quale si ‘esce dalla sala sentendosi stranieri a sé stessi’, come scrive un retore antico, va mantenuto. Gli iniziati sono stati avviati al loro individuale percorso di conoscenza del ‘domani’ e non devono (né potrebbero) rivelarlo ad altri. Il linguaggio, infatti, non ha la capacità di rivelare l’indicibile (arrheton in greco antico).

Per avvicinarsi alla performance di Castellucci, invito a rileggere il capitolo L’esperienza strordinaria del libro di Walter Burkert Antichi culti misterici (Laterza 1986), ancora fondamentale nonostante i progressi della ricerca storico-religiosa. ‘Domani’ di Castellucci è infatti un rito misterico in senso antico, e come quelli trasmette innanzitutto l’idea che dietro una porta si possa accedere a un segreto, ma che quella porta si apre solo a chi realmente lo voglia.

Dietro quella porta, si racconta, si alternano buio e luce, agonia e estasi, grida ad alta voce e impenetrabili silenzi, si odono suoni inauditi e lievi sussurri, si rimane commossi e impauriti, si adorano spighe di grano; dietro quella porta il grande sacerdote, lo ierofante, evoca il dio che si rende presente. Così si racconta.

Dietro quella porta, suggerisce Castellucci, si apre il mistero del domani.   

S. Maria Capua Vetere, affresco del Mitreo

concezione, direzione: Romeo Castellucci / musica: Scott Gibbons / con: Ana Lucia Barbosa / direzione tecnica: Eugenio Resta / progetto sonoro: Claudio Tortorici /  props: Andrei Benchea / produzione: Caterina Soranzo / direzione della produzione: Benedetta Briglia / promozione, distribuzione: Gilda Biasini, Giulia Colla /  amministrazione: Simona Barducci, Elisa Bruno, Michela Medri / foto: Luca Del Pia / video: Eva Castellucci

una produzione di Triennale Milano e Societas commissionata in occasione della 23ª Esposizione Internazionale Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries (15 luglio – 11 dicembre 2022)  

 

Nelle immagini, affreschi dal Mitreo di Santa Maria Capua Vetere che rappresentano scene iniziatiche. In copertina un particolare dall'affresco centrale del Mitreo, che rappresenta il dio Mitra che sacrifica un toro.