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Nella morte il compimento.

 

La forma si arresta

nella traccia

circolare al senso:

muta.

 

nel sospeso indicibile

Nulla.

 

 

  1. CANTO DEI CAPRI E SILENZIO DI POPOLI

 L’accordo dissonante del mondo si è risolto in differenti campi disarmonici dove l’ascolto si dissolve in apprensione, paura e disperazione. Si è persa la chiave: non è più possibile accordare il mondo. La distanza ci priva della presenza, il corpo nasconde agli altri il proprio ingombro, tutto è (s)tolto, sbozzato; lo sguardo concavo ricerca il punto d’ascolto, il centro esatto del mondo. Solo poeticamente risolvo il dissidio; dove copro la bocca e riduco la parola a segno, iperbole, suggestione e memoria. Il tempo ridotto è sospeso nel ritardo. Mi accosto al mondo “dal lato estremo dell’ombra” e non mi getto: aspetto. In questo esilio domestico sento, come una Eco lontana, “canto di capri” e silenzio di popoli. Questo nostro mondo globalizzato, nell’immediatezza dell’atto si è capovolto, nel recinto di prossimità del giorno.

Come vivo questo giorno incerto? Nella scrittura delle ore (tengo per me molte agende che intarsio a mano di parole minute; microscritture cedevoli e necessarie) e di ogni ora il segno; delle ore la forma. In pochi appunti i minuti e poi, in Coda: i secondi.

 Non rimane altro che ricordare il resto; il rumore residuo della città spopolata e tornata Natura; dalla Tragedia alla catarsi domestica o collettiva di orchestrate collisioni inconsapevoli strategie di distruzione e rinascita dell’umano, post-umano, inumano vivere.

 

  1. IL SILENZIO E LA DISTANZA: TACET

 L’indicazione è perentoria: tacet. Qui nessuno suonerà, per molto tempo. La musica è cambiata. Non è una marcia funebre ma la festa è finita. Se cammino per la città (questo non posso) immagino il mio appartamento immobile, fermo, in mezzo alla piazza. Mi viene incontro il Maestro: Giorgio de Chirico. Una piazza italiana irriconoscibile. Sono dentro un quadro, sarebbe banale dire: metafisico. Un quadro con cornice, di vecchio legno duro; nera o bianca, a piacere. Sarebbe difficile vietare il sogno, in questo esilio domestico; lascio andare l’immaginazione nei pomeriggi infiniti, nel tempo liberato ma costretto da un respiro incerto.

Senza respiro niente musica. La tragedia è in questo imporsi della Storia: fino all’ultimo respiro (come un vecchio film di Godard) dove il protagonista corre, corre; e poi cade. Sul limitare della strada; nel silenzio. La distanza.

 

  1. CODA

 La musica ha sempre ragione, ed è vero: una vita senza musica sarebbe un errore. Ma quando mancano i respiratori la musica non è più pensabile; il suono è semplicemente variazione di pressione dell’aria e il virus ci impedisce di sentire. Il nostro orecchio si ammala mentre la voce, dietro la maschera tace: muta. In questo viaggio al termine della notte riscopro il minimo segno di vita e riconosco, all’alba, il sole nascente.

 

 

 Milano 25 marzo 2020

 

Sergio Armaroli è poeta, pittore e artista sonoro

https://www.sergioarmaroli.com/about-sergio-armaroli/