default_mobilelogo

Newsletter

Vuoi ricevere una notifica quando sono disponibili nuovi contenuti sul nostro blog? clicca qui

Nel magma di avvenimenti e dei loro relativi commenti che affollano l’agorà degli ultimi giorni, due mi hanno particolarmente coinvolto: la morte di Diego Maradona e la protesta a favore della didattica in presenza per le scuole secondarie di primo grado delle mie due ex allieve Anita e Lisa della scuola media Italo Calvino di Torino. Mi sono perciò ritrovato a considerare una curiosa analogia tra i protagonisti di queste due situazioni: il loro essere persone si trasfigura sul piano del significato che il loro agire assume per gli altri. E perciò, nel sistema della comunicazione, da persone autentiche diventano personae teatrali, personaggi.

Per quale motivo la notizia della morte di Maradona ha richiamato con tanta forza l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale? A me pare che il motivo risieda nel fatto che egli sia un autentico eroe tragico. Eroismo e tragedia, in senso profondo, si sposano in questa figura nel creare un perfetto personaggio di una tragedia della vita. Partiamo dall’idea di eroe, dall’idea, cioè, di eroe della mitologia, o meglio delle mitologie: nei commenti, nei manifesti, negli slogan che riguardino Maradona, assistiamo a una sorta di sua divinizzazione contemporanea. Nei fumetti e nelle vignette (per esempio di Makkox per Propaganda Live) è rappresentato mentre gioca a pallone in paradiso o mentre parla con Dio, da tempo a Napoli gli sono stati dedicati altarini, il manifesto con la scritta DIOS che si confonde graficamente con il 10 della sua maglia è diventato virale e le sue imprese sono narrate con tratti extraumani da scrittori, giornalisti, appassionati.

 Dunque, nella narrazione del personaggio, la percezione collettiva che se ne ha si associa a caratteri che lo pongono su una sorta di piano altro e semidivino. Ricordava però Angelo Brelich, citando Foucart, che i Greci non dubitarono mai che gli eroi loro fossero stati prima semplici umani[1]. E infatti Eduardo Galeano in Cerrado por futbol (2018) lo definisce: «Un dio sporco. Il più umano degli dei. […] Un dio sporco che ci assomiglia: donnaiolo, chiacchierone, ubriacone, divoratore, irresponsabile, bugiardo, fanfarone». Un eroe che prima d’essere stato divino è stato uomo e che rimane imperfetto.

 

Quello che pone gli eroi in uno stato semidivino è la extra-ordinarietà della loro condizione. L’attributo eroico di Maradona è la sua sconfinata abilità come calciatore. Questo attributo lo traghetta da una grandissima umanità- il bambino povero della favela argentina- alla progressiva conquista del suo connotato eroico: ne fa un gigante, una figura sproporzionata rispetto ai suoi fans, a chi lo segue, a chi si interessa a lui, a chi lo idolatra. La misura dell’esagerazione, dell’eccesso, del gigantismo, è il suo preciso segno eroico. Se a qualcuno pare che la grandezza agonistica non sia abbastanza per farne un eroe, consiglio di riflettere sulla presenza cospicua della mitologia agonistica proprio nella definizione dell’eroe greco[2]. L’eroe Eracle ne è testimonianza specifica. Esagerato, pantagruelico, ubriacone, atletico (cfr. Apollodoro, 2,63): così è il figlio di Alcmena; Maradona appartiene alla stessa stirpe eroica che assume il suo connotato dall’agonismo.

Anche lui però esagerato, anche lui eccessivo, anche lui pantagruelico, somiglia ad un piccolo Eracle contemporaneo. Nella percezione collettiva i suoi problemi con la droga, le tante donne, anche la sua obesità post-calcistica, sono vitalismo, sono un assalto all’Olimpo: non sono diversi dagli eccessi eroici. Assunti in questo contesto sfuggono al moralismo e al conformismo che vogliono un eroe per bene (ma quale lo è?) per collocarlo sul piano di un Kurt Cobain (dissoluto e suicida), di una Ami Winehouse (alcolista stra-eccessiva), di una Marylin Monroe (tossicodipendente, non esente da qualche problema di promiscuità). Tutti eroi, anche loro, tutti personaggi tragici. Non paradigmi di comportamento perché si pongono su un piano altro, quello appunto degli eroi.  

Ma la questione non si ferma qui. Progressivamente si è attribuito all’azione del personaggio Maradona una progressiva ridda di significati che senza dubbio lo trascendono, trascendono l’uomo Diego ma che ne hanno fatto l’eroe percepito e raccontato da molti in un modo che per l’appunto trascende l’autenticità della persona- di cui in realtà non mi occupo per nulla dato che non lo conosco né io né la maggioranza di noi. Conosciamo l’eroe, di quello ci occupiamo.

Quando l’Argentina batte l’Inghilterra nei mondiali dell’86 con due celebri goal (uno è quello “della mano di Dio”, l’altro è il dribbling più lungo della storia del calcio: di nuovo tratti divini e di nuovo extra-ordinarietà dell’azione), lo scrittore Osvaldo Soriano identifica nella vittoria della sua squadra e nella prodezza di Diego la rivincita argentina contro gli anglosassoni per la questione delle Falkland e interpreta, assai letterariamente, la svista dell’arbitro tunisino Bennacouer come una inconscia solidarietà tra paesi del Terzo Mondo. Ecco che l’eroe assume ancora un ulteriore carattere, quello di genius loci, di eroe locale da porre all’origine di una vendetta attorno ad una guerra: per fortuna una semplice vendetta sportiva ma che nell’immaginario collettivo finisce per essere più nota, più visibile, più memorabile della stessa guerra delle Falkland.

Non a caso presto Maradona diventa una sorta di icona della sinistra sudamericana: amico di Fidel, sostenitore del primo presidente boliviano indio Evo Morales e del guevarista da operetta Hugo Chavez. L’eroe diventa icona da utilizzare come strumento di legittimizzazione del potere (Chavez) ma anche come simbolo della riscossa del Sudamerica contro i gringos (Morales).

E Diego diventa eroe letterario già in vita: Manu Chao gli dedica una canzone (La vida tombola) che è un vero peana e Paolo Sorrentino ne fa un poeticissimo personaggio del suo film Youth. Icona e leggenda già in vita, come si può pensare che non diventi un eroe in senso mitologico in morte?

Questo è il ritratto dell’eroe Maradona: del personaggio eroico. La sua dimensione tragica è rappresentata dalla sua metabolé, dal suo passaggio «dalla buona alla cattiva sorte», un aspetto che è della natura stessa del tragico (Aristotele, Poetica 51a 10-16, 52a 18 ecc.).

 Aristotele esclude che sia tragica la caduta di un eroe virtuoso: è tragico al contrario «colui che non si distingue per virtù o giustizia» e che non cade per cattiveria ma per un certo errore (53a 8-10). Certo lo Stagirita vuole che questo sia di uomini illustri che provengono da stirpi eroiche: ma il mondo moderno sostituisce la stirpe degli eroi con ipertrofici umani. La virtù agonistica di Maradona ne ha fatto un eroe ma il suo assalto all’Olimpo con la relativa caduta ne fa un eroe tragico: di una tragedia contemporanea, forse poco ortodossa per le rigide norme aristoteliche, ma sappiamo quanto sia labile la teoresi aristotelica sulla poetica: i teatranti si possono dunque permettere di cogliere il senso della loro attualizzazione e lasciare le diatribe alla discussione accademica.

Figuriamoci i calciatori.

 

 Ma cosa c’entra Maradona con la protesta di due dodicenni torinesi? Vedendo in questi giorni le foto, leggendo gli articoli e i giudizi favorevoli e contrari- non di rado entrambi pieni di spunti intelligenti, ma soprattutto i commenti social, non ho potuto fare a meno di pensare ad Antigone. Anita e Lisa non hanno a dire il vero l’intenzione di opporre un diritto individuale ad uno collettivo, ma vorrebbero solo tornare a scuola. Tutto qui. Ma anche nel loro caso la loro concretezza di ragazzine di dodici anni le trascende e ne fa personae, personaggi.

 Perché mi ricordano Antigone e quale Antigone? Nella tragedia di Sofocle, così come nelle sue tante riscritture, c’è un aspetto che trovo altrettanto universale che quelli che hanno messo in risalto i tanti interpreti: è il confronto tra il mondo dei giovani, degli adolescenti (Antigone ed Emone) e quello degli adulti (Creonte). In fondo che cosa dice Creonte alla ragazza? È importante agire per il bene della città e la legge deve essere uguale per tutti e ancora che quella legge è condivisa da tutti i Tebani. Antigone inscena una protesta simbolica ma il potere di Creonte non può tollerare che una ragazzina disattenda a ciò che il potere ha stabilito e a ciò che la maggioranza accetta in silenzio (Creonte: Tu sola la vedi così tra tutti i Tebani, Antigone: la vedono così anche questi: stanno con la bocca chiusa per favore a te. Sofocle, Antigone, vv. 508-509).

 A me pare che Lisa e Anita siano due Antigoni non tanto perché si ribellano alle leggi stabilite, ma per il modo in cui il mondo degli adulti risponde ad un pensiero critico che loro propongono attraverso una innocua manifestazione di blanda disobbedienza civile. Il mondo dei grandi non prende sul serio quello che le ragazzine dicono: certamente lo dicono in modo ingenuo, nel modo conveniente alla loro età, ma la reazione è di sufficiente supponenza. Dire o scrivere che la loro manifestazione mette in pericolo una comunità o viola una disposizione di legge, per un capriccio o peggio per apparire in TV, come molti adulti, sia genitori sia insegnanti, hanno detto e scritto, desta perplessità: tali opinioni sembrano la parola di un Creonte distratto contro quella delle due Antigoni. Tali opinioni sminuiscono l’atto di pacifica ribellione, lo equiparano ad un atto di narcisismo televisivo e lanciano allarmi verso fantomatici pericoli per la polis, allarmi sono patentemente esagerati. Anche sostenere che la critica delle ragazze va guidata da chi ha più cognizione di loro, significa affermare che Lisa e Anita non sanno quello che dicono e che fanno. Si è così creato un forte iato nella comunicazione tra un mondo degli adulti che non ha intenzione di ascoltare o dialogare con un mondo dei ragazzi che cerca di esprimere un disagio, di mettere al centro del dibattito una discussione, un tema, e di affermarne la centralità e l’importanza. Nell’arroganza di Creonte non leggo voglia di dibattere ma solo di affermare, nell’indubbia e grave situazione in cui viviamo, che lo spazio per la libertà di espressione non è uno spazio che sia lecito abitare da queste due ragazzine. Stiano brave: pensare e fare le leggi è affare dei grandi.

Come molti prima di me io sto con Antigone, non secondariamente perché queste Antigoni per me non sono personaggi ma persone e a loro devo l’attenzione che tutti gli adulti dovrebbero loro.  

 

 

Nelle immagini: la calciatrice spagnola Paula Dapena che non ha voluto rispettare il minuto di silenzio per la morte di Maradona. Alcune delle immagini del cordoglio per Maradona (si ricordi però che la Campania è ‘zona rossa’). Una foto della protesta silenziosa di Lisa e Anita.                        

 

[1] Angelo Brelich, Gli eroi greci: un problema storico religioso, Milano, Adelphi, 2010, p. 21

[2] Brelich, op.cit., pp. 86 ss.