Cosa hanno a che fare le Baccanti di Euripide con l’assedio dell’esercito israeliano alla striscia di Gaza?
La Tebe del mito, assalita dalle baccanti orientali decise a imporre il culto di un dio potente e vendicativo, come la Medinat Ghazzah, ovvero Gaza City, colpita e distrutta dalle bombe israeliane? Il corpo di Penteo smembrato ferocemente come quelli dei cittadini gazawi mutilati e annientati con sistematica ferocia? O forse l’Atene di fine V secolo a.C., nella quale fu rappresentata postuma la tragedia di Euripide, sfinita e svuotata dopo la capitolazione nelle mani di Sparta, come Gaza controllata dai carri armati con la stella di David?
Sono domande che inevitabilmente scuotono la mente dello spettatore dopo aver assistito alla rappresentazione delle Baccanti al Teatro Olimpico di Vicenza (première sabato 18 ottobre 2025), allestita dal collettivo Anagoor nell’ambito del 78° Ciclo di Spettacoli Classici. E non perché la regia suggerisca allusioni o parallelismi con il genocidio palestinese; anzi, lo spettacolo si mantiene su una dimensione atemporale ben lontana dall’attualità politico-militare. L’analogia con Gaza è dovuta al fatto che alla fine dello spettacolo le attrici e gli attori, nel raccogliere gli applausi del pubblico, si presentano in scena sventolando la bandiera della Palestina. Un omaggio artistico commovente che suggella gli intenti di Anagoor, gruppo veneto che sperimenta forme drammaturgiche innovative da venticinque anni, coniugando rigore estetico con impegno civile. È anche un’attestazione di come la tragedia greca, ancora una volta, possa diventare lo strumento attraverso il quale riflettere le tensioni delle crisi di oggi.

Il centro della scena è dominato da un cerchio che richiama l’antica orchestra del teatro greco, delimitato da un lungo tubo al neon. Al centro, in funzione di altare di Dioniso (la thymele), un microfono a stelo, oggetto feticcio, totem adorato dai seguaci del culto bacchico. Le baccanti del corteo che ha accompagnato il dio dall’Asia fino a Tebe entrano in scena camminando tra gli spettatori seduti in platea. Con gesti solenni e rituali, in un silenzio che sembra non finire mai, accatastano i tirsi e si dispongono in circolo. Nel mezzo si leva all’improvviso la voce di Dioniso che recita il prologo; la sua voce calda e pacata, è accompagnata da ritmi musicali che vanno in crescendo. L’atmosfera che si crea – con suoni, immagini e movenze – ha qualcosa di misterioso e ipnotico, grazie alla bravura dei giovani interpreti, allievi dell’Accademia Carlo Goldoni. La parodo, grandioso inno del credo dionisiaco, è recitato da una menade in trance che si rotola per terra, già posseduta dalla sua divinità. Lo stesso dispositivo è adottato per gli altri canti corali.
Penteo si manifesta dall’alto, sulle gradinate del teatro, in abiti borghesi moderni. Il suo disprezzo per la religione dionisiaca è espresso in maniera quanto mai perentoria. «Questo culto è una porcheria… tutte cazzate», accusa senza mezzi termini, ostentando disprezzo verso il nonno Cadmo e l’indovino Tiresia, neo-adepti della religione, desiderosi di recarsi sul Citerone per unirsi ai riti. Via via che cade vittima della strategia seduttiva di Dioniso, Penteo scende dagli spalti e finalmente approda sul palcoscenico, avvicinandosi al cerchio rituale, quando si convince a vestirsi da donna e fingersi lui stesso una baccante, così da vedere da vicino quelle pratiche vergognose che stimolano le sue fantasie voyeuristiche. Il travestimento avviene in scena, con Penteo che si spoglia e indossa abiti femminili da baccante dietro un velo traslucido che ne enfatizza la metamorfosi.

Molto suggestiva la scena di Agave, quando scende dai monti ancora in preda all’invasamento bacchico, convinta di avere catturato e ucciso un leone, e viene progressivamente ricondotta alla lucidità fino al riconoscimento dell’orrendo figlicidio. A guidarla verso la presa di coscienza dell’accaduto qui non è solo Cadmo, ma anche Tiresia, e il procedimento è presentato scenograficamente con un accorgimento particolare, per cui le parole vengono solo sussurrate dagli attori, ma rese fruibili al pubblico attraverso le didascalie che scorrono sulle quinte. Uno specchio, oggetto simbolo del corredo dionisiaco, è lo strumento scenico che le fa finalmente percepire la realtà vera delle cose. Rispetto alla tradizione teatrale ci sono qui alcune significative innovazioni. Agave non ha in mano la testa mozzata di Penteo e Cadmo non porta le membra del povero nipote, che ha raccolto sul Citerone. Il corpo di Penteo è ancora intatto, chiuso in un sacco che la madre lentamente e dolorosamente apre. La vendetta del potente Dioniso si è dunque consumata. Chi negava le sue prerogativa di dio è stato punito. Il potere su Tebe gli è stato restituito. Diversamente dal testo euripideo non c’è la profezia conclusiva del dio. L’ultima battuta, pronunciata da Agave, è intrisa di amarezza e scoramento: «Ce ne dobbiamo andare. Altri raccolgano il tirso e inizino una storia diversa».

Nella prospettiva di Anagoor la rappresentazione del dramma euripideo vuole essere un rito di iniziazione; non solo celebrazione dell’alterità, ma un atto di trasformazione capace di mettere in discussione convenzioni sociali e strutture di potere. Le luci stroboscopiche e la musica ad alto volume creano uno spazio dominato dall’incantesimo che vorrebbe portare lo spettatore ad abbandonarsi al dionisiaco, per uscire dalla fortezza della propria individualità fondendosi con la comunità in armonia con la natura. Sospese tra estasi e sovversione, le baccanti si fanno portatrici di un’esperienza collettiva in cui anche i confini tra umano e divino si dissolvono.

Anagoor è una tra le realtà più solide e originali della scena teatrale contemporanea. La compagnia, fondata a Castelfranco Veneto da Simone Derai e Paola Dallan, oggi guidata dallo stesso Derai e da Marco Menegoni, ha avuto la consacrazione nel 2018 vincendo il Leone d’argento alla Biennale di Venezia. Nei suoi spettacoli ha sempre cercato di riunire performing art, filosofia, letteratura e scena con risultati di grande impatto. Già in precedenza la compagnia si era dedicata a drammi dell’antica Grecia: Agamennone di Eschilo nel 2005, Coefore nel 2006, Eumenidi, poi l’intera Orestea nel 2018. Ma già la prima produzione, nel 2003, era stata proprio le Baccanti di Euripide, le stesse che vengono riproposte ora, a distanza di 22 anni, in un format completamente diverso. La nuova creazione, realizzata per il Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale, con interpreti gli allievi dell’Accademia Teatrale Carlo Goldoni, nasce da una ricerca sullo stato di trance quale strumento poetico e scenico, e mettendo in campo rito, poesia, teatro, estasi e sovversione. Lo scopo è quello di trasformare il mito antico in visione contemporanea che interroga il nostro presente. Come si legge nel programma di sala dello spettacolo, queste Baccanti vanno intese come «una pratica magica curativa per un mondo malato ed arido, terra devastata e sprecata, che transita per una primavera di rabbia, furia e maledizioni, una protesta che chiede di ritrovare ciò che è andato perduto nella pretesa dell’identità, nella follia della supremazia che trascina ogni esperienza politica al fallimento». E quando si parla oggi di “mondo malato ed arido”, di “terra devastata e sprecata”, di “furia e maledizioni”, di “pretesa dell’identità”, di “follia della supremazia”, come non pensare all’ignobile genocidio di cui s’è macchiato lo stato d’Israele ai danni di migliaia di civili abitanti la striscia di Gaza?

Baccanti di Euripide.
Traduzione e collaborazione drammaturgica: Davide Susanetti
Adattamento, sovrascritture e contagi: Simone Derai
Altre muse: Pary Oliver, Hildegard Von Bingen, Joseph Beuys
Progetto di Anagoor per il Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale
Regia: Simone Derai
Assistenza e cura del progetto: Marco Menegoni
Cast: Chiara Antenucci, Laura Maria Babaian, Mosè Bächtold, Pietro Begnardi, Gaia Capelli, Daniele Capitani, Greta Nola, Luca Passera, Margherita Russo, Margherita Scotti e con Michele Tonicello
Musica e sound design: Mauro Martinuz
Luci: Eva Bruno, Simone Derai
Costumi: Lauretta Salvagnin, Simone Derai
Scene: Alberto Nonnato, Simone Derai
Aiuto regia: Michele Tonicello
Assistente al movimento: Piero Ramella
Assistente e conduzione canora: Emanuela Guizzon
Produzione: Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale
Foto: Serena Pea e Roberto De Biasio.

Le Baccanti della compagnia Anagoor sono andate in scena al Teatro Olimpico di Vicenza il 18 e 19 ottobre 2025, nell’ambito del 78° Ciclo di Spettacoli Classici, con la direzione artistica di Ermanna Montanari e Marco Martinelli. Saranno replicate Teatro Mario del Monaco di Treviso (29-30 ottobre 2025), al Teatro Goldoni di Venezia (12-13.11.2025), al Teatro Camploy di Verona (4.12.2025).
