Il laboratorio di Drammaturgia antica dell’Università di Roma Tor Vergata è nato alcuni anni fa dal desiderio di offrire agli studenti (non solo antichisti, non solo di Lettere) uno spazio dove esplorare i personaggi e i testi del teatro classico non soltanto ‘a tavolino’, ma attraverso l’espressione teatrale, restituendoli alla dimensione scenica che gli è propria.
L’idea è che l’‘interpretazione’ attoriale stessa sia una forma di esegesi, e che in ogni messa in scena di un classico – necessariamente contemporanea – si verifichi ogni volta se e fino a che punto esso ‘vive’ e parla di noi, attraverso noi.
All’attività laboratoriale si affiancano seminari interdisciplinari, dedicati al teatro antico e alla sua ricezione, e itinerari collettivi di visione teatrale denominati “Dialogo con gli antichi”, in collaborazione con l’associazione Casa dello spettatore.
Dal 2018 il laboratorio è curato da Martina Giovanetti – membro del collettivo teatrale Controcanto e dottoranda in Filologia nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Antichità Classiche e loro Fortuna di Roma Tor Vergata – ed è animato da un gruppo di studenti particolarmente affiatato ed entusiasta, che sta trasformando questa attività didattica in un vero e proprio percorso di studio e di ricerca, personale e collettiva. Un percorso che in questa fase di distanziamento ha trovato il modo di non interrompersi, ma che si nutre di una consuetudine anche fisica, nata e coltivata nelle aule e negli spazi dell’Università.
Cristina Pace
Normalmente il laboratorio di drammaturgia antica prevede una fase iniziale in cui i partecipanti incontrano il testo attraverso la pratica della lettura condivisa: nell’approfondimento, e nello scambio di impressioni e idee, si costruisce una visione comune che ispira la costruzione dello spettacolo. L’esplorazione dell’opera prosegue poi attraverso il mezzo teatrale, concentrandosi sull’avvicinamento dei personaggi e sull’individuazione dei temi sentiti come più urgenti. Il lavoro si conclude infine con l’allestimento dello spettacolo, sintesi visibile della ricerca che il gruppo ha condotto insieme all’interno del testo e del mito.
Il lockdown ha inevitabilmente interrotto l’attività in presenza del Laboratorio di Drammaturgia antica, che stava quest’anno lavorando all’Antigone di Sofocle.
Nella prima fase del distanziamento sociale, usando la piattaforma messa a disposizione dall’Università, il gruppo si è riunito per lavorare collettivamente all’adattamento del testo, pratica che avrebbe condiviso anche in presenza.
Quando si è trattato, però, di passare alla messa in prova delle scene, ci siamo scontrati – io e i ragazzi e le ragazze – con il fatto che stessimo facendo uso di un mezzo che poco ha a che fare con la pratica teatrale: è stato cioè impossibile non considerare che lo scambio delle parole fra gli attori – e dunque fra i personaggi dell’Antigone – avvenisse attraverso lo schermo di un cellulare o di un computer. Da qui la scelta – che ci è sembrata necessaria – di denunciare l’uso del mezzo, di dichiarare esplicitamente che ci stiamo servendo di uno strumento che mai avremmo scelto di utilizzare in condizioni di normalità. Nasce così il progetto dell’Antigone sui social.
L’Antigone a cui stiamo lavorando conosce effettivamente il distanziamento sociale, perché dopo la guerra il re Creonte ha imposto ai cittadini di Tebe di restare nelle proprie case. Dunque, tutte le scene dell’opera vengono calate in questa dimensione: i dialoghi fra i personaggi avvengono attraverso quelle piattaforme che ci sono diventate familiari in questo periodo (Zoom, Skype, Meet) perché tutti – Antigone, Emone, Ismene, Tiresia e gli altri – sono confinati nelle proprie abitazioni.
Allo stesso modo, le comunicazioni ufficiali, non potendo avvenire davanti al palazzo di Tebe, avvengono in diretta social, con la cittadinanza che segue e commenta. Nell’adattare le scene dell’Antigone alla realtà del social distancing, gli attori improvvisano, utilizzando il copione solo come un canovaccio: non imparano le parti a memoria ma attraverso l’improvvisazione rielaborano il testo secondo la propria sensibilità.
Gli studenti-attori hanno in questo periodo aperto profili Instagram a tutte le figure del dramma – inclusi, in quanto cittadini di Tebe, i componenti del Coro –, profili che quotidianamente aggiornano e sui quali caricano contenuti.
L’attività si è rivelata un esercizio prezioso di approfondimento e di incontro con le figure del mito e ha in parte sostituito il lavoro sui personaggi che avremmo condotto in presenza con altre modalità.
Le prove, o più correttamente i piccoli tentativi di performance che il gruppo svolge in questo periodo, vengono registrati, con l’obiettivo di conservare i segni di una fase di lavoro che resterebbe altrimenti effimera e intangibile. Da questi tentativi è nata la volontà di confezionare un’Antigone a puntate, da condividere sui social.
L’operazione non ha alcuna pretesa artistica, è piuttosto pensata come attività di reazione e di pacificazione rispetto alla realtà che stiamo vivendo, e si immagina come esperienza preparatoria all’allestimento dello spettacolo dal vivo che resta il nostro obiettivo finale.
In questo video, che è appunto niente più che la registrazione di una prova, Creonte pronuncia il discorso alla cittadinanza che Sofocle colloca nel primo episodio.
In scena compaiono: Diego Colaiori (Creonte) e Martina Marconato (Corifea).
I commenti sono di: Michele Nastasia, Camilla Andreini, Arianna Baria, Cecilia Cerasaro, Daria D’Ecclesiis, Angelica Granato Renzi, Marco Iacobelli, Laura Luesti, Francesco Malavolta, Beatrice Mancini, Riccardo Mattoni, Roberta Ullasci.
Martina Giovanetti
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CREONTE: DISCORSO ALLA NAZIONE