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Ora che le mascherine sono al centro dell’attenzione come mai prima d’ora, la mia immaginazione, che qualche volta mi gioca brutti scherzi, mi spinge a strane associazioni di idee.

Le condivido qui, con l’avvertenza che tutto ciò che segue manca di logica ed è simile a quei pensieri strani che ti assalgono nel dormiveglia, senza che tu possa spiegarli né fermarli. Pertanto, quel che dirò ha solo casuali coincidenze con la realtà e niente di quello che segue va preso sul serio. Consideratelo, vi prego, un passatempo, come quel vecchio gioco  “a chi somiglia…?”.

La prima associazione di idee che mi viene in mente: la maschera ha sempre avuto, tra le sue funzioni basilari, occultare l’identità di chi la porta. Così ho pensato che, forse, chi la porta per uscire in strada cerca inconsciamente di passare inosservato, per evitare di essere riconosciuto dalla malattia, e sperando che alla malattia  sembri più interessante qualcun'altro. 

La seconda associazione istituita dalle mie idee un po’ balzane è con la maschera del teatro greco. E allora non posso evitare di accostare le persone con la maschera a un coro della tragedia greca:  quel coro ricordava la fragile condizione umana e provocava negli spettatori la catarsi, attraverso l’orrore e la pietà.

La terza associazione è con l’isolamento. Inevitabilmente mi torna alla memoria (soprattutto perché ieri davano il film in una di quelle emittenti da quattro soldi che si intercettano con lo zapping, nell’inutile ricerca di qualcosa di interessante) la ‘maschera di ferro’, che obbligava chi la usava all’orrore dell’isolamento con, in più, la negazione del diritto di essere riconosciuto.

Ed infine, la maschera è la caratteristica di altri esseri: i supereroi. Mi è venuto in mente che molti di quelli che la portano si comportano come tali: per aiutarci, per salvarci, e nella loro immensa modestia o generosità non vogliono essere riconosciuti e identificati con il ragazzo che beve il caffè al bar o con la ragazza che ogni mattina prende l’autobus per andare a lavorare. Che siano benedetti.

 

Alberto Bernabé Pajares è grecista e storico delle religioni, professore emerito dell’ Università Complutense di Madrid. https://de.wikipedia.org/wiki/Alberto_Bernab%C3%A9_Pajares

Il post è stato tradotto da Sotera Fornaro e Raffaella Viccei.