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Maledetti giorni, scanditi da un appuntamento alle 18.00, tutte le sere. A quell’ora, la protezione civile descrive una realtà di numeri: “totale guariti, totale contagiati, totale morti”. Pensi ai tuoi cari, agli amici, ai conoscenti, a coloro che più di noi si trovano coinvolti in questa tragedia, perché vivono e lavorano nelle aree più colpite.  Cos’è questo virus? Una specie di sconosciuta ‘entità’, che colpisce velocemente, virus subdolo. Un mostro? Il destino? Una vendetta di un dio offeso, come l’epidemia che Apollo lancia sul campo greco all’inizio dell’ Iliade? Chi ha commesso torto? Quale sacerdote è stato offeso? Nell’ Iliade, un solo uomo, Agamennone, ha provocato l’ira del dio: non si è mostrato pietoso verso un vecchio padre, non gli ha ridato la figlia prigioniera, non ha accettato un ricco riscatto. Ha pensato solo a sé stesso, al proprio egoismo, al proprio onore. Ma noi? E se fossimo tutti colpevoli? Tutti altrettanto egoisti, tutti così chiusi nei nostri bisogni da perdere il rispetto per gli altri. Non un Agamennone, ma un mondo di Agamennoni che difendono quel che si sono conquistati e non vogliono restituire nulla, nemmeno l’amore ricevuto. E il dio ci punisce.  Ti assale spesso il senso di colpa: cosa potevo fare e non ho fatto? E adesso? Ti senti impotente, poi anche inutile rispetto a tutti coloro che in prima linea rischiano la vita. Le frecce del dio colpiscono a caso, però colpiscono prima i soldati semplici. Dapprima pensi alle differenze: tra chi ha molto, chi poco, chi niente. I ricchi sembrano più ricchi, i poveri più poveri. È un momento, però: poi, con i giorni, col succedersi dei numeri, le differenze svaniscono, siamo uomini tra uomini, siamo tutti uomini. Forse è giunto il momento di abbattere le differenze: di sentirci una cosa sola, uniti contro un nemico invisibile e cieco, che non fa distinzioni. Lottare, si, ma insieme, contro l’incognito: la tragedia è forse questa lotta? Nella tragedia greca gli eroi soccombevano. Ma vi erano anche dei ex machina, che scioglievano le situazioni insolubili. Arriverà il nostro dio? Apollo finalmente si placherà? E poi  arriva anche la felicità di quel che si ha: la casa che non sembra più una prigione, ma un rifugio. La rete che è davvero una rete, ci tiene insieme, tiene insieme tutto il mondo. La solitudine non è mai solitudine. Ed è bello. Anche Apollo, quando la ragazza è restituita al padre, smette di lanciare le sue frecce letali.  E allora tutto ciò sembra piuttosto un viaggio: alla scoperta di paesaggi sconosciuti, alla scoperta di nuove solidarietà, alla scoperta di nuovi pericoli, dolori, paure, alla scoperta -  sarà banale, ma è così -  di noi stessi.  Un viaggio di istruzione, come la prima gita scolastica, quando ci siamo innamorati la prima volta. Solo che ci è impossibile ancora datare il biglietto di ritorno. Per ora, andiamo. Speriamo che, quando avremo riconciliato il dio, la guerra non ricominci.

 

Sara Notarbo studia Scienze dei Beni culturali all’ Università di Sassari.