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1.Il mito di Fedra e Ippolito si affaccia al XX secolo con l'Introduzione di Miguel de Unamuno alla sua riscrittura del mito, che data 1910 ma ebbe la prima  all'Ateneo di Madrid solo nel 1918 (traduzione italiana di Raffaella Valenti Petino, 2010).

In questo testo, il filosofo spagnolo dichiara di cercare «di creare invece che ruoli, personaggi - o meglio: personaggi/persone». Scrive Unamuno:

«Chiamo nudità della tragedia o nudità tragica l'effetto ottenuto presentando la tragedia in tutta la sua augusta e solenne maestà, priva dei fronzoli dell'ornamento scenico. Così, questa mia Fedra non è che un ammodernamento di quella di Euripide, o meglio: ha la sua stessa trama, ma con personaggi di oggi, e cristiani - il che la rende molto diversa - [...] Il teatro poetico non è quello che ci viene presentato in lunghe tirature di versi perché qualunque attore e attrice dalla vocegradevole e dal tono piacevole e rasserenante le possano recitare, declamare o canticchiare; il teatro poetico sarà quello capace di creare caratteri, di mettere in piedi anime agitate dalle passioni eterne e di penetrare l’anima, modificandola, senza ricorrere, sebbene ne abbia bisogno, alle arti ausiliarie. [...]»

Hipolito, Companhia de Teatro de Almada, 2022

La rivendicazione della "nudità" della tragedia (o altre formulazioni sinonimiche proprie della retorica teatrale del primo Novecento, come essenzialità, umanità, semplicità...) non è esclusiva di Unamuno. Il tentativo di trovare un modo per rivelare la ‘vera’ natura dell'esperienza umana attraverso l'arte drammatica (sia attraverso la psicologizzazione dei personaggi e un approccio realistico alla rappresentazione, sia attraverso l'immersione nei simboli delle profondità dell'animo umano), corrisponderà a ciò che Jean-Pierre Sarrazac, più tardi, in  Poetica del dramma moderno (2012) chiamerà ‘infra-drammatico’. Sarrazac, per rendere conto della mutazione operata nel teatro e nella drammaturgia europea di fine Ottocento, propone un modello significativamente diverso da quello utilizzato da Peter Szondi  in Teoria del dramma moderno (1956) – secondo il quale, in teatro, la svolta dall'Ottocento al Novecento si fonda su una ‘crisi del dramma’. Sarrazac chiama  “dramma nella vita” quel che Szondi definisce “dramma assoluto”  ( ossia il  paradigma che avrebbe dominato dal XVI secolo alla fine del XIX secolo ), mentre il ‘nuovo paradigma’  del teatro contemporaneo corrisponde a quel che Sarrazac chiama “dramma-della-vita”: «si è prodotto un cambiamento di paradigma: il passaggio dal dramma-nella-vita al dramma-della-vita. Non c’è più una grande azione organica con un inizio, un centro e una fine, che hanno luogo durante una ‘giornata fatale’ (come in Sofocle) e si svolgono nel senso della vita e della morte, bensì un’azione frantumata che copre tutta una vita».

Anche Unamuno cerca il “dramma della vita”, intende cioè svelare il mito e trovare, sotto il mantello della narrazione, l'umanità dei personaggi in un'epoca priva di dei. Le azioni rappresentate sono quindi di esclusiva responsabilità degli agenti umani ed è su di loro (e sulle decisioni che li animano) che deve ricadere l'analisi del drammaturgo. Questa è la strada scelta da molte delle rivisitazioni di Fedra nel XX e il XXI secolo. Scegliere l' ‘infra-drammaticità’, ossia  la riflessione interna, il commento, la distorsione, l'amplificazione di un aspetto particolare, il frammento, l'immersione, rispetto alla narrazione organizzata, all'ordine e alla completezza. In altre parole, trovare il tragico nella banalità e, contemporaneamente, nella singolarità dell'esperienza delle vite ordinarie.

Hipolito, Companhia de Teatro de Almada, 2022

2. In Hipólito e Fedra nos caminhos de um mito (Ippolito e Fedra sui sentieri del mito: il pdf in open-access si trova qui), un volume che nasce dalla messa in scena dell'Ippolito di Euripide, che il gruppo Thíasos ha presentato in anteprima alla Facoltà di Lettere dell'Università di Coimbra nell'aprile 2010, si trova un elenco di opere ispirate al mito. L'elenco - incompleto come tutti gli elenchi - adotta una selezione piuttosto ampia. In essa si trovano adattamenti e versioni più fedeli all'originale, ma anche altre opere che riprendono più liberamente gli originali greci e latini (di Fedra e Ippolito). Nell'elenco delle opere del XX e XXI secolo (l'elenco comprende titoli dal V secolo a.C. a oggi), l'inclusione è generosa. Le opere drammatiche sono inevitabilmente elencate al di sopra di tutte – ma si dà un repertorio della presenza del mito nella lirica, nel romanzo e nel cinema. Questo elenco comprende prodotti diversi come i film La legge del capestro (1956) di Robert Wise, Selvaggio è il vento (1957) di George Cukor, con Anthony Quinn e Anna Magnani, o il western spagnolo Fedra West (1968) di Joaquín Luis Romero Marchent; passando per la nouvelle vague francese, con Fedra (1962) di Jules Dassin (sotto), con Anthony Perkins, Melina Mercouri e Raf Vallone, o Il laureato (1967) di Mike Nichols, con Anne Bancroft (nel ruolo di Mrs. Robinson/Fedra) e e Dustin Hoffman.

Per quanto riguarda la drammaturgia, in un elenco dominato da riferimenti iberici, possiamo ricordare Fedra di Gabriele D'Annunzio (1909), Desiderio sotto gli olmi di Eugene O'Neill (1924, trasformato anche in film da Delbert Mann nel 1958), una commedia ispirata ad alcuni elementi dell'Ippolito di Euripide; il monologo Fedra (1978) del poeta greco Yannis Ritzos; e, naturalmente, Phaedra's Love (1996) di Sarah Kane e il pluripremiato Fedra (2009) di Juan Mayorga.

Fedra do Juan Mayorga

3. Juan Mayorga è uno dei più celebri e rappresentati drammaturghi spagnoli del nostro tempo. La sua Fedra, creata a partire dall'Ippolito di Euripide, presentata in prima assoluta nel 2007 al Teatro Romano di Mérida, segue lo stesso intento drammaturgico che si ritrova in Unamuno, cioè la demistificazione e l'umanizzazione dei personaggi. L'accento è posto sulle passioni umane, sulla pulsione erotica e sul desiderio fisico. Il mito viene così depurato dagli interventi divini che potrebbero giustificare (o determinare) le azioni dei personaggi - e le loro decisioni vengono studiate senza giudizio. Questa è, a mio avviso, la caratteristica più riconoscibile della versione di Mayorga (che sembra aver ereditato da Unamuno): la visione dei personaggi che riconoscono la loro capacità di prendere decisioni, sbagliando oppure no, ma conservando la capacità di scegliere liberamente il proprio destino. La Fedra di Mayorga, tuttavia, esplora un aspetto relativamente originale del mito. Non lo inventa, certo, ma, tenendo conto del clima socio-politico prevalente del nuovo millennio, ingigantisce il fatto che si tratta di una donna in un mondo dominato dagli uomini. Questo gesto avvicina la sua Fedra alla Hedda Gabler di Ibsen, esplorandone la stessa ‘prigionia femminile’: grandi donne intrappolate in un mondo ridicolmente maschile. È interessante notare che si può cercare di stabilire un punto di contatto sempre tra Ibsen, e - forse - la più celebre rivisitazione del mito nella drammaturgia contemporanea: L'amore di Fedra (1996) di Sarah Kane (nella foto sotto).

Sarah Kane

In effetti, nella versione di Kane, Ippolito insegue senza sosta la verità e appare ossessionato da un'idea distorta di onestà. Questo riecheggia, credo, l’anelito alla verità che Ibsen pone in personaggi come Gregers Werle di L'anatra selvatica o il dottor Stockmann di Il nemico del popolo. In tutti questi casi cercare la verità significa denunciare l'ipocrisia della società borghese. La borghesia dell'epoca di Henrik Ibsen non è naturalmente la stessa borghesia dell'Inghilterra degli anni Novanta del Novecento di Sarah Kane, tuttavia è proprio la borghesia l’obiettivo polemico anche della drammaturga britannica. Ci sono letture ricorrenti di questa opera che vi trovano una critica all'ipocrisia del volto pubblico della famiglia reale (e delle figure del potere in generale), scoprendo echi degli scandali che hanno coinvolto il principe Carlo, la principessa Diana o Camilla Parker Bowles. Credo, tuttavia, che questi aspetti siano secondari. La forza del testo di Sarah Kane sta forse nella viscerale umanità dei personaggi (indipendentemente dal loro status sociale) e nel modo in cui soccombono al peso dei giorni, abbandonandosi al desiderio o alla depressione. Presentata in anteprima al Gate Theatre di Londra nel 1996, con la regia della stessa autrice, la pièce è stata accolta inizialmente con sospetto. Michael Billington, critico del quotidiano The Guardian, dando voce a un sentimento diffuso, dichiarò: "Visceralmente, l’ opera ha una potenza innegabile: ma intellettualmente, è difficile capire quale sia il suo scopo”.

Fedra, di Juan Mayorga (2009)

4. L’amore di Fedra nasce da una commissione della direzione del Gate Theatre, che avrebbe chiesto a Sarah Kane di riscrivere un classico europeo. Kane suggerì Woyzek, di Büchner e, successivamente, Baal di Brecht. Ma per motivi diversi, nessuno dei due progetti ha avuto successo. È curioso, tuttavia, che Kane abbia intrapreso questo progetto per lavorare su figure che sostengono un nuovo tipo di eroe: un eroe ordinario senza alcuna traccia di virtù. Riscrivendo, in sostanza, dal modello latino di Seneca, l'autrice afferma: «Ho voluto conservare i temi classici del teatro classico - amore, odio, morte, vendetta, suicidio - ma utilizzare una poesia urbana del tutto contemporanea». È proprio questa ‘poesia urbana’ che rende Fedra e Ippolito, attraverso la lente di Kane, nostri innegabili contemporanei.

Phèdre(s), Isabelle Huppert, 2016

Nel 2006, Krzysztof Warlikowski ha presentato a Parigi, all'Odéon Théâtre de L'Europe, Phédre(s), uno spettacolo multimediale, interpretato da Isabelle Huppert, basato su tre versioni moderne del mito: The Love of Fedra di Sarah Kane, Une Chienne di Wajdi Mouawad e il romanzo Elisabeth Costello di J. M. Coetzee. Il risultato - apocrifo e trasgressivo - ha perseguito gli stessi tratti sottolineati nelle citate versioni di Unamuno, Mayorga o Kane: smitizzare la narrazione tragica e trovare nella brutalità dei gesti umani il suo ineffabile marchio di umanità. Il feticismo visivo che caratterizza molte delle opere di Warlikowski, straordinario regista polacco, è divenuto evidente nell'interpretazione della Huppert. L'iconica attrice francese è apparsa per la prima volta nei panni di Afrodite, ritratta come una dominatrice, con tacchi alti e pose sadiche. Solo quando si trasforma in Fedra, la Huppert lascia trasparire le sue passioni umane, gridando senza mezzi termini "J'aime" attraverso il palco (che simboleggia, credo, la stessa ‘prigione femminile’ di Hedda Gabler...). In mezzo a tutta l'eccentricità formale dello spettacolo (con musica rock, proiezioni video, collage testuali...), l'effetto più impressionante sarà stato la trasformazione della nobile regina Fedra in una tormentata donna di mezza età, agonizzante e fragile in tutta la sua umanità.

Phédre(s), Isabelle Huppert, 2016

5. Nel 2009, il drammaturgo portoghese Mickaël de Oliveira ha firmato una versione del mito, in Hippolytus: Male Monologue on Perplexity (Ippolito: monologo maschile sulla perplessità). Lo spettacolo, scritto per un uomo (John Romão) e un bambino (Martim Barbeiro), si pone una zona ibrida e inquietante. Riprendendo il mito di Fedra, mette in discussione la logica fallocentrica con cui tale mito viene solitamente inteso e lo collega ad alcune vere testimonianze di pedofilia (alludendo allo scandalo di Casa Pia). La drammaturgia prevede un uomo e un bambino, in abiti quotidiani, osservati da cinque bambini di cartone (a grandezza naturale). La scena iniziale, in cui l'uomo slaccia i pantaloni del bambino, viene filmata e proiettata su uno schermo in fondo alla sala, marcando il tono emotivo dello spettacolo, che provoca disagio e costringe il pubblico a una situazione voyeuristica. Tuttavia, il disagio è gradualmente sostituito da un'aura di solennità, candore e fratellanza tra gli attori. Il monologo si alterna a momenti coreografici, dando origine a uno spettacolo pieno di aritmie e improvvise cesure nel testo, nel suono o nella scena. Oscillando tra il registro giocoso e quello magico o cupo, questo spettacolo, nella sua sorprendente perversione, persegue l’effetto contrario degli esempi di riscrittura del mito citati finora: mitizza i gesti rozzi, crudeli ma umani che si leggono nelle cronache quotidiane dei giornali e del web.

 

Questo testo è stato pubblicato, leggermente variato, in portoghese nel libretto dedicato al mito di Ippolito e Fedra curato dalla Compagnia di Teatro Almada Estreia in occasione della messa in scena dell’ Ippolito  di Euripide nel febbraio 2022 al  Teatro Municipal Joaquim Benite di Almada per la regia di Rogério de Carvalho, che qui si ringrazia, e di cui qui si pubblicano cinque immagini ( la copertina, le prime due, le ultime due: @ Rui Carlos Mateus).

L’indice completo del libretto, che sarà messo a disposizione a chiunque lo richieda a ‘Visioni del tragico’ attraverso il modulo dei ‘contatti’, è questo: Ainda a Fedra di Rodrigo Francisco / A tragédia, o trágico e o Hipólito de Eurípides di José Pedro Serra / Séneca: uma tragédia diferente, uma Fedra diferente di Maria Cristina Pimentel / Os silêncios de Hipólito e Fedra na Phèdre de Racine di  Marta Teixeira Anacleto / Seis ruminações sobre Fedra e Hipólito di Rui Pina Coelho.

Per notizie bio-bibliografiche sull’autore dell’articolo vedi qui.  Per la Companhia de Teatro de Almada vedi qui.