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Nella nuova collana Il mito. Voci dal presente per Edizioni ETS è appena uscito Elettra dei bassifondi di Simone Abkarian, con un saggio introduttivo di Michela Gardini, traduzione e postfazione a cura di Francesca Mazzella.

Si tratta della traduzione italiana di un dramma portato in scena  al Théâtre du Soleil nel 2019 dallo stesso autore, attore anche cinematografico e drammaturgo franco-armeno, riconosciuto nel 2020 “miglior autore francofono vivente” dal prestigioso Prix Molière per il teatro francese. Il dramma, una pièce in un unico atto, è ambientato ad Argo, non nella reggia, bensì nei bassifondi della città, dove Elettra conduce la sua vita borderline, meditando solo la vendetta. L'azione si svolge durante la festa dei morti, una specie di triste carnevale in cui tutte le categorie della quotidianità vengono sovvertite e i morti, tra cui l'ombra di Agamennone, compaiono ai vivi, dialogano con loro. Elettra, una volta principessa, si aggira in questo mondo sordido soprattutto femminile, circondata da prigioniere troiane costrette a prostituirsi, piene di ricordi dolorosi ma pronte anche a ricominciare, che costituiscono il coro. La danza e la musica danno espressione ai rimpianti, alle umiliazioni ma anche alle speranze di queste donne, sino all'arrivo di Oreste e alla realizzazione della vendetta. Dalla pièce riportiamo l'incontro di Clitemnestra, che si è recata con Egisto alla tomba di Agamennone per onorare il giorno dei morti, e la figlia Elettra. (S.F.)

EGISTO. Oggi, ogni focolare celebra la memoria di un parente. Non è così, cugino Agamennone?

Guardati, re dei re, volevi il mondo ai tuoi piedi. Eccoti ai piedi di un albero morto.

Dov’è tuo figlio Oreste?

Perché non viene a onorare il tuo cadavere?

Io nel frattempo onoro tua moglie, sua madre, l’intrepida Clitemnestra.

Con un colpo di ascia lei mi aprì la via al trono.

Il tuo letto l’avevo già.

Sì, mentre tu assediavi Troia,

La potente città eretta dai ciclopi, Io danzavo sul ventre di tua moglie.

CLITEMNESTRA.  Egisto!

EGISTO. Dov’è tuo figlio?

CLITEMNESTRA.  Egisto!

Rientriamo!

Il giorno si leva,

Abbiamo parecchio da fare per onorare gli dei. Cos’è questa ciocca che vedo?

Sembra un serpente che si insinua nel mio seno. Chi è l’autore di quest’atto sedizioso?

La rivolta guadagna terreno quando il sovrano balla. Egisto, in piedi!

Sgozzano la nostra letizia,

E tu provochi un cadavere che non sa difendersi. Trovatemi l’uomo che osa sfidarci!

 

ELETTRA. Non cercare oltre, perfida regina. L’uomo che cerchi sono io,

Elettra, figlia del re assassinato.

Il serpente che temi tanto, presto ti si anniderà in fondo alla gola.

Ma prima è Egisto che voglio.

Si battono, Elettra viene disarmata.

CLITEMNESTRA. Non ucciderla.

Voglio che viva nell’illusione di un mondo migliore. Mi aspettavo il ritorno del giovane leone,

Ma è una bestia con le corna che è venuta a sfidarci. Spogliatela e legatela!

E dato che le piace tanto tagliarsi i capelli, rasatele la testa.

Conducetela per le strade.

Voglio che tutta la città sia testimone della sua disgrazia.

Nessuno né uomo né donna avrà la meglio sulla felicità che abbiamo conquistato armi alla mano.

La nostra regalità ci conferisce un’autorità totale.

Chiunque la contesterà subirà la nostra collera.

Foss’anche del nostro sangue.

Quanto alla misericordia, la conserveremo per coloro che, docili, seguono la via tracciata dal dito del nostro buon volere.

In marcia!

Trascinatela fino a palazzo, sarà una bella attrazione per l’apertura dei giochi.

Fatela danzare davanti alle nostre porte, poi rispeditela nella sua miseria.

Così figlia mia imparerai forse a mostrarci un po’ di rispetto.

 

ELETTRA. Io non sono tua figlia.

CLITEMNESTRA. Sei figlia di tuo padre, lo so.

ELETTRA. Io sono uscita dalla fessura di un muro.

CLITEMNESTRA. Ed eccoti a terra.

ELETTRA. Eccomi a terra ma non ancora sconfitta. Ares mi è testimone.

CLITEMNESTRA. Sì, tu conti di rialzarti, di ritornare alla carica. Vorresti divorarmi il cuore,

Ma non hai abbastanza fame, te lo leggo negli occhi. Il buon cacciatore ascolta il suo ventre,

Uccide per nutrirsi.

Senza destare sospetti si avvicina alla sua preda,

Si mischia alla sua ombra fino a fondersi col suo manto,

Fino a fondersi con la sua barba,

Fino a fondersi con la sua gola, il suo sangue e le sue viscere,

Fino a confondere la sua attenzione e tenere in mano il suo cuore palpitante.

Ma te, ti vedo arrivare da lontano.

Sei troppo visibile, appariscente nella tua collera,

Troppo rumorosa col tuo respiro troppo corto. Troppo prevedibile nel tuo abito da povera.

Spandi ovunque l’odore della tua miseria

E trasformi la più leggera delle brezze in un allarme infallibile. Per tutti questi anni, io ho pregato Artemide.

È a lei che offrivo sacrifici.

Tu, invocando Ares degli inferi, sbagli dio. Sbagli collera.

Qui non è questione di guerra, ma di caccia. Uccidere tuo padre non fu per niente arduo.

Con un solo balzo gli fui addosso.

Tra la mia ascia e la sua gola la mia mano non ha tremato. Tutto si è giocato a monte.

Tutto fu pesato e ponderato.

È l’attesa che fu lunga e laboriosa.

Come una lupa famelica che lotta contro l’inverno per salvare la sua cucciolata,

Fui paziente e ostinata.

Ho atteso dieci anni.

Al riparo degli sguardi ero sempre di guardia. Niente sfuggiva ai miei occhi affamati.

Solitaria, impietosa, sempre in agguato, aspettavo che la mia preda venisse.

E quando finalmente fu qui, mi confusi col paesaggio,

Mi camuffavo con quella sottomissione che rassicura tanto gli uomini,

Mi ricoprivo di insignificanza, mascheravo la fame col sorriso e l’odio con la lu- singa.

Quando finalmente fu immerso nel suo bagno, immobile, pietrificato nel delitto imminente,

Prestando attenzione al vento, al suolo, al silenzio del mio cuore, ho colpito.

Mai ho lasciato che il mio odio avesse fretta.

Mai gli ho lasciato rovinare il mio stratagemma.

Ma sopra ogni cosa, non ho mai sottovalutato la mia preda. E tu, armata di un coltello da cucina,

Pensi di abbattermi in un batter d’occhio.

ELETTRA. Io ti ucciderò, te lo giuro.

CLITEMNESTRA. In futuro, fa’ dei giuramenti che siano alla portata delle tue forze.

EGISTO. Si è mai vista una capra atterrare una leonessa?

ELETTRA. Ridi, ridi, quando mio fratello verrà a reclamare ciò che gli spetta,

Piangerai lacrime di sangue.

E né tu né tuo marito Clitemnestra potrete niente contro di lui.

Sì, è di te che parlo, Egisto la sottomessa.

Egisto la picchia.

CLITEMNESTRA. Non picchiarla. Oggi, non è la festa dei morti?

Oggi, uomo e donna non si confondono? Non sono tutt’uno?

Il povero insulta il ricco, Il brutto dorme col bello, Il debole sfida il forte.

Tu reciti la parte della miserabile ma in fondo resti una principessa viziata dentro.

Speri nel figlio fedele al sangue del padre, quando è il mio che l’ha nutrito.

Che venga questo figlio, che venga un’armata di figli,

Li aspetto senza timore.

Credi che mi metterò a tremare, piagnucolare e gemere? No, non fuggirò.

Non un sussulto di spavento uscirà da me. Via dalla mia vista.

Portate via questo cancro che rode la nostra gioia!

Escono. Clitemnestra resta. Entra il fantasma di Agamennone.

CLITEMNESTRA. Dal fondo degli inferi ti rallegri nel sentire tua figlia gridare vendetta.

Io ho fatto il bagno nel tuo sangue, del resto mi importa poco.

Le tue spoglie sono inchiodate sul muro della mia impresa.

Non sentire più la tua voce, questa è la mia felicità.

Volevo che il silenzio ti riempisse quella bocca sempre gonfia d’orgoglio.

Volevo che la terra ti intasasse quella gola sempre stracolma di te.

Volevo che tacessi perché finalmente si placasse questo dolore che ancora mi la- cera.

Prima che l’ascia si abbattesse sul tuo cranio, Ho visto nei tuoi occhi il disgusto di te stesso.

O era del rimpianto?

L’uomo passa il suo tempo

A creare demoni e poi a provarne terrore, Ma per lui è troppo tardi,

La morte già lo possiede.

E né il rimorso né il perdono possono cambiare il corso del suo destino.

Troppo tardi, quello sguardo per una volta umano,

Con un colpo d’ascia l’ho aperto in due e ho fatto bene. Niente mi dividerà dalla mia gioia.

Non sono colpevole di nulla.

La mia coscienza dorme sogni tranquilli,

Il mio sorriso resta inciso sul marmo del tuo cadavere. È il tuo epitaffio e non si cancellerà.

Che venga tuo figlio che è anche il mio. E se rifiuta le mie ali e il mio petto,

Che affronti allora le furie di sua madre.

Tutti gli alleati di Agamennone sono nemici di Clitemnestra

Perché si fanno garanti dell’omicidio di mia figlia.

Che tutto vada per il meglio.

Il peggio mi ha già colpita quando ad Aulide (23)

ho implorato invano per la vita di Ifigenia (24).

Andiamo a metterci al riparo.

I venti ruggiscono nell’arena celeste.

La febbre tormenta il sole.

Gli dei oltre le nuvole reclamano sangue.

Entra il fantasma di Ifigenia.

 

23 Antica città stato affacciata sul Mar Egeo, in Beozia (regione dell’antica Grecia a nord del Peloponneso, tra l’Attica e la Focide), vicino all’isola di Eubea. Qui Agamennone radunò la prodigiosa flotta che sarebbe salpata per Troia e sacrificò Ifigenia.

24 Primogenita di Agamennone e Clitemnestra, sorella maggiore di Elettra, Crisotemi e Oreste.