Sulla piattaforma Ecosistema digitale per la Cultura della Regione Campania si può vedere on-demand il docu-film Antigone Barracano, tragedie del rione Sanità, uno dei video della Rassegna ‘Quartieri di vita’ diretta da Ruggero Cappuccio.
Il video documenta il lavoro di una realtà ‘di confine’, Proteatro di Baiano (https://www.facebook.com/proteatro): un lavoro coraggioso e multiforme, nel quale fare teatro diviene strumento di aggregazione sociale, luogo di riflessione artistica, elaborazione di una poetica inscindibile dal territorio, infine mezzo di formazione individuale.
Nonostante la sua marginalità geografica, Proteatro riesce portare a contatto esperienze legate a tematiche locali, ossia ad un paesaggio culturale ed emotivo ben definito, con la riscrittura di testi canonici della tradizione drammatica occidentale. Ed è questa l’operazione alla base dello spettacolo dal titolo paradossale Antigone Barracano: paradossale perché il nome della celeberrima figura della tragedia di Sofocle viene associato al cognome del protagonista del Sindaco del Rione Sanità di Eduardo De Filippo; paradossale perché il protagonista di De Filippo è un maschio, a cui viene prestato un nome di donna, ed un boss di quartiere, che ha in filigrana invece un personaggio mitologico, emblema nei secoli della lotta ad ogni sopruso e violenza.
Accostare l’Antigone di Sofocle al Sindaco del Rione Sanità di Eduardo De Filippo potrebbe sembrare dunque a prima vista un abuso. Invece si rivela, grazie al lavoro drammaturgico condotto da Proteatro, una maniera adeguata e ben fondata di entrare nell’officina di due autori del teatro tradizionale drammatico, scomponendone e analizzandone i testi, per produrre un nuovo testo e una nuova proposta performativa, a metà tra lo spettacolo e la riflessione metateatrale. Ne scaturisce un copione ibrido, in cui i due testi che sono alla base talora si sovrappongono, talora vengono portati in scena in episodi staccati, l’unico di seguito all’altro, talora si intersecano in una pièce composita sin dal titolo. Anche in questo tipo di riscrittura e intreccio consiste, però, l’attualità di ciò che chiamiamo ‘classico’. Anzi, come afferma l’autore e regista del testo, Francesco Scotto, i classici non esistono, perché ogni vero classico non può che essere contemporaneo.
Studiando da tempo le ricezioni e le riscritture dell’Antigone, non avevo mai pensato a una commedia di Eduardo, ed a questa in particolare, che negli ultimi due anni è stata riproposta, in teatro e al cinema, da Mario Martone e dalla sua raffinata estetica. Il parallelo di Proteatro è convincente, anche perché non vuole stabilire riscontri per dir così filologici: non suggerisce cioè che Eduardo si sia in qualche maniera ispirato all’azione dell’Antigone, tragedia che però appartiene al subconscio di chiunque faccia teatro e che quindi è una fonte perenne di ispirazione della scrittura drammaturgica. Antigone Barracano suggerisce e dimostra che le due opere pongono le stesse questioni: cosa è la giustizia? La legge morale è superiore alle leggi scritte? E se legge morale e leggi scritte confliggono, quale delle due bisogna seguire? Chi ha l’autorità per poter definire una legge morale? Basta la tradizione, la consuetudine, a dare il criterio di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato?
Nel dramma di De Filippo, Antonio Barracano è un uomo che il rione Sanità di Napoli riconosce come suo ‘sindaco’, ossia come l’autorità a cui rivolgersi nel caso di controversie e litigi. Il suo potere su un quartiere devastato dalla malavita e dal degrado è indiscusso; Barracano esercita la giustizia, togliendo a chi ha troppo, dando a chi non ha niente, riappianando i conflitti, anche cruenti. Ma i metodi che adotta per imporre la giustizia sono sbagliati, perché si equivalgono a quelli di coloro che Barracano vorrebbe correggere. Barracano è dunque un personaggio paradossale, che potrebbe sembrare un camorrista, ma che pure non lo è, perché la sua esigenza di giustizia, i suoi rimorsi, la sua visione non egoistica della realtà non corrisponde a quella di un camorrista- come sottolinea bene nel docufilm il magistrato Pierluigi Picardi.
Barracano non è un puro e soprattutto non è incolpevole: è un assassino, intimamente ossessionato da quell' omicidio, commesso per vendicare una terribile umiliazione subita quando era ragazzo, dal quale è stato assolto dopo aver corrotto i testimoni del processo. Aver piegato a suo vantaggio la giustizia del tribunale e degli uomini non lo rende innocente; il delitto commesso lo perseguita, è il suo tarlo continuo, nella consapevolezza tremenda che lo avrebbe ricommesso cento, mille, infinite volte. Può esistere un delitto ‘giusto’? Naturalmente no, né l’innocenza sancita dai giudici davvero assolve Barracano, che sa di essere colpevole davanti alla propria legge morale, che pure vorrebbe assolverlo per aver agito per legittima difesa. Perciò, in una specie di espiazione o di auto-punizione, Barracano si lascia morire dopo essere stato accoltellato a tradimento da un uomo col quale era andato a parlare per avvisarlo che il figlio era intenzionato ad ucciderlo. Insomma, Barracano è ferito a morte da un uomo a cui voleva salvare la vita. Rifiutando di mettersi in salvo, come Edipo paga con l’annientamento di sé stesso una colpa da cui non può liberarsi.
Barracano non è un camorrista, abbiamo detto, altrimenti non si sarebbe certamente lasciato morire. Ma potrebbe ben essere, se non fosse per la sua ignoranza che è il difetto della sua grande intelligenza, la controfigura di un terrorista degli ‘anni di piombo’ durante i quali la commedia di Eduardo fu scritta: cioè, a suo modo, un idealista, uno che vorrebbe il mondo “quadrato e non tondo”, alla ricerca confusa dell’equità sociale e della giustizia per il proletariato, ma che ha un concetto deviato dell’uso della violenza e di questa come strumento di giustizia. Sebbene tormentato dagli incubi per ciò che ha commesso in gioventù, Barracano resta pur sempre un assassino. Barracano si rivela un personaggio edipico, colpevole e incolpevole contemporaneamente, 'Sovrano' salvifico del rione e contemporaneamente macchia della comunità e causa della rovina di quest’ultima.
Accanto a lui un Tiresia, un consigliere illuminato, un medico che per stargli accanto, per ‘servire la causa’, ha rinunciato ad una brillante carriera, ma ormai è stanco e disilluso: quel che Antonio Barracano fa non serve a nulla, si continua a ‘girare a vuoto’, perché le ingiustizie continuano ad essere perpetrate e non si estinguono le regole di sopraffazione, corruzione e tradimento a cui la comunità del Rione si attiene.
Nella versione di Proteatro, dunque, Barracano, come Antigone, si sostituisce allo Stato, perché meglio sa interpretare la giustizia per gli ultimi, dei diseredati, degli indifesi, dei morti; ma questa sostituzione resta inaccetabile. Viene alla luce in tutta la sua potenza il portato eversivo della figura di Antigone, la controfigura mitica di Barracano: figura che destabilizza l’ordinamento della polis presumendo di sostituirsi alle leggi dello Stato in nome di leggi eterne e antiche, nel parallelo con l’operato del Sindaco del Rione Sanità. Le leggi dello Stato non possono essere sostituite dalla giustizia basata sulla consuetudine, sul buon senso, talora sulla generosità di Barracano, il cui cosmo affettivo si restringe alla famiglia e a chi, di questa famiglia, fa parte. L’empatia dello spettatore va di solito ad Antigone, così come va a Barracano: eppure l’esperimento di Proteatro insinua il dubbio che lì dove ha il sopravvento una legge morale individuale si minano le fondamenta della vita collettiva.
Perciò, nell’interpretazione data da Francesco Scotto e dalla compagnia della figura di Antigone, con grande originalità rispetto ad altre riscritture e messe in scena contemporanee, non si sottolinea tanto l’eroicità di Antigone, la sua resistenza ad un potere tirannico e la sua opposizione ad una legge ingiusta: quanto il suo ruolo doloroso di madre mancata e di rinuncia sofferta ad una piena realizzazione della propria femminilità.
Invero il cosmo familiare e umano rappresentato in Antigone Barracano è quasi asfitticamente maschile: non solo perché il protagonista è maschio, ma perché intorno a lui si muovono personaggi che agiscono sulla base di codici e concetti di una comunità maschile, in cui le donne fanno solo da contorno, dalla moglie di Barracano alla governante e domestica che lo accudisce alla giovane figlia che ama quasi incestuosamente il padre (come Antigone ama Edipo nell’ Edipo a Colono). Una storia di maschi, dunque: Barracano è un po’ Creonte, nella sua maniera di voler imporre a tutti le proprie idee e il proprio dominio, ma è anche un po’ Emone, poiché cerca di convincere gli altri (forse non riuscendo a convincere sé stesso) che bisogna fare un passo indietro quando una decisione è sbagliata. Attraverso il parallelo tra le figure delle due tragedie si riesce a mettere in luce come ognuna di queste sia duttile, interscambiabile, non stigmatizzabile in una sola funzione: finalmente ci stiamo liberando del fardello di Hegel sull’Antigone, tragedia nella quale non vi è un protagonista, né due principi ben definiti che si oppongono, perché anzi Creonte e Antigone si compenetrano l’uno con l’altro.
E d’altro canto una possibile soluzione al cupo pessimismo, che è di Sofocle come di Eduardo, viene prospettata nel finale che rifunzionalizza una figura quasi sempre in ombra nelle riscritture dell’Antigone: Ismene, qui simbolo di una società omertosa, che si chiude nel silenzio e assiste ai fatti impotente, l’unica però a sopravvivere.
Nella sua sopravvivenza, nell’auspicio che Ismene riesca ad aver ragione di ogni violenza e che infine riemerga dal buio senza parole e senza fatti, una sopravvivenza che passa anche attraverso la cura dell’uomo e del suo sapere, sta il messaggio positivo finale e la vera attualizzazione di questa riflessione e sperimentazione collettiva su due testi classici, e perciò attuali, della tradizione teatrale occidentale.
DRAMMATIZZAZIONE E REGIA FRANCESCO SCOTTO
REGIA FILMICA TONY SANTORELLI
CON MIRIAM BARBARISI, ANTONELLA BOLOGNESE, FELICE D’ANNA, ANGELA D’APOLITO, ANNA DE FEO, MARIELLA
DEL BASSO, JESSICA ANNA FESTA, FABRIZIA GIANNICOLA, ANTONIO LIPPIELLO, ALFONSO MARSELLA, MIRKO MUGNANO, LUIGI NAPOLITANO, MARIA GRAZIA NAPOLITANO, LORENA PURCARO, ALBERTO TORTORA
SCENE A CURA DI PROTEATRO
LUCI ALFONSO MARSELLA
COSTUMI BIANCA PACILIO
MUSICHE M° VINCENZO TAMMARO
PRODUZIONE PROTEATRO
IN STREAMING ON DEMAND A PARTIRE DAL 28 OTTOBRE ALLE ORE 18 SULL’ECOSISTEMA DIGITALE PER LA CULTURA DELLA REGIONE CAMPANIA