Si entra nella sala Fassbinder del teatro milanese Elfo Puccini con qualche perplessità, se non timore,la sera del debutto di Tiresias, spettacolo di Giorgina Pi, regista del collettivo Bluemotion, sul testo di Hold your own (Resta te stessa) di Kae Tempest, nel 2018 Leone d’argento alla Biennale Teatro.
Il palco immerso nel buio, mentre la platea inondata di una forte luce rossa. All’ingresso viene data a ciascun spettatore una cartolina con la scritta in greco χορεύσομεν, ‘danzeremo’. Mentre gli spettatori – in larga parte studenti universitari – prendono posto, risuonano melodie di musica greca moderna, una musica triste e coinvolgente che crea, bisogna dirlo, la giusta atmosfera.
Lo spettacolo, presentato in estate al Festival di Santarcangelo e che ora ha iniziato a girare per le sale di varie città, consta di un monologo di circa 50 minuti, interpretato da un bravissimo Gabriele Portoghese, nel quale si rievoca non già l’indovino vecchio e cieco, tanto saggio quanto irascibile, che si incontra in alcune tragedie greche, bensì quello di taluni racconti mitici che riguardano il ‘modo’ in cui divenne un indovino. Tiresia avrebbe guadagnato il dono della profezia dopo un lungo percorso che lo vide trasformato da uomo in donna e poi di nuovo da donna in uomo. Quando poi Zeus ed Era litigarono su chi tra maschio e femmina provasse maggiore piacere nel rapporto sessuale, fu proprio Tiresia ad essere consultato, avendo egli fatto esperienza di entrambi i sessi. La risposta di Tiresia, che attribuiva una netta supremazia al piacere femminile, fece indignare Era, che per rabbia lo accecò; Zeus lo ricompensò donandogli la capacità di prevedere il futuro.
Kae Tempest (il nome era Kate, ma l’ha modificato in Kae per la propria identità di genere non-binaria), classe 1985, è “la voce poetica più potente e innovativa emersa nella Spoken Word Poetry degli ultimi anni", per citare la motivazione del Leone d'argento, con un interesse spiccato per la rilettura dei classici (da ultimo la riscrittura del Filottete di Sofocle, che ha debuttato al National Theatre di Londra nell’estate 2021, e su cui torneremo in questo blog). Per una specie di ‘poetica dell’antico’ di Tempest, si può vedere Antichi nuovi di zecca (trad. it. Milano, edizioni e/o 2018), in cui le figure della mitologia divina greca impersonano diverse situazioni esistenziali contemporanee, in un racconto incalzante, ritmico, in una nuova epica della contemporaneità che non dimostra l'attualità del l'antico, ma al contrario il passato di ogni presente e di ogni futuro. Ma anche su questo torneremo in altra occasione. Qui intendiamo segnalare la riscrittura del mito di Tiresia, arricchita di spunti intelligenti che riguardano la passione, il piacere, la nostalgia per quanto si è perduto, la necessità di restare sé stessi, di essere quello che si è, come recita il titolo originale. E a ragione il testo risulta nella nominations per la migliore drammaturgia di autore straniero dei premi UBU 2021 (il Collettivo Angelo Mai ha invece ricevuto la nomination per il progetto sonoro di questo spettacolo).
La regia di Giorgina Pi risulta essenziale ed efficace. Presenta Tiresia come un adolescente problematico, un ragazzino con la felpa e il cappuccio calato sulla testa, timido e introverso, arrabbiato e incredulo. Un giorno, anziché andare a scuola, si avventura in un bosco dove gli capita un prodigio inatteso: vede due serpenti copulati, li separa con un bastone, e per magia viene trasformato in donna. Fin qui è la versione di Esiodo (Melampodia) e di Ovidio (Metamorfosi). Quello che aggiunge la Tempest e costituisce il perno concettuale della regia di Giorgina Pi è la lunga vita vissuta da Tiresia come donna.
A dare corpo a questo Tiresia transessuale che da ragazzino difficile diventa una donna piacente fino alla punizione/compensazione inflittagli dagli dèi dell’Olimpo è Gabriele Portoghese, in jeans e maglietta (sulla qual campeggia la scritta greca χορεύσομεν), bravissimo nell’alternare i toni del suo monologo tenendo sempre in tensione gli spettatori, anche grazie ai dischi in vinile che ogni tanto fa partire sul giradischi (ciascun disco reca sulla copertina una lettera della parola “Tiresia”). Portoghese si nuove in uno spazio scenico ridotto al minimo: un tavolino con una consolle da dj e due piatti per vinili, due microfoni ad asta (che diventano Zeus ed Era nella scena della consultazione di Tiresia), molti fari posizionati a terra per circondare l’area della rappresentazione. Il giovane interprete, nella penombra, si propone come dj, attore, performer, poeta, corpo scenico chiamato a raccontare e raccontarsi.
Tiresias è uno spettacolo di suggestioni sonore, di stimoli, di visioni e di provocazioni, che riesce a intrecciare mito e attualità, condensando simboli tragici e utopie giovanili, tematiche identitarie e recriminazioni sociali, paure ancestrali e angosce contingenti. Si parla di un mito antico, ma in effetti si allude al disagio di molti giovani d’oggi, al problema della ricerca identitaria e sessuale che ciascuno ha da compiere nel proprio cammino di vita. Come recitano i versi della Tempest, ben tradotti da Riccardo Duranti: «Quando il tempo divide le vite/ Resta te stessa / Quando ogni cosa è fluida e quando nulla può essere noto con certezza/ Resta te stessa/ Resta te stessa / fin quando non ti senti /così scura e densa e umida come la terra / così vasta, e luminosa, e dolce come l’aria».
Tiresias
un progetto di BLUEMOTION
tratto da Hold your own/ Resta te stessa di Kate Tempest, traduzione di Riccardo Duranti (edizioni e/o); regia: Giorgina Pi; interprete: Gabriele Portoghese; dimensione sonora: Collettivo Angelo Mai; bagliori: Maria Vittoria Tessitore; echi: Vasilis Dramountanis; costumi: Sandra Cardini; luci: Andrea Gallo; direzione di produzione: Alessia Esposito; produzione 369gradi/Angelo Mai/Bluemotion.