Edipo, il re di Tebe invocato dai cittadini quale unico possibile salvatore della città devastata dall’epidemia, appare in scena sulla cima di una grande scalinata bianca – alta 8 metri, larga 27, per un totale di 31 ripidi gradini – che arriva fino all’ultimo livello della cavea, di cui rappresenta di fatto un’immagine speculare.
È questo l’elemento scenico più innovativo e spiazzante dell’Edipo re sofocleo messo in scena al Teatro Greco di Siracusa per la 57esima stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Il regista, Robert Carsen, canadese specializzato in allestimenti di opere liriche (la scorsa primavera ha messo in scena l’Elettra di Hofmannsthal-Strauss a Parigi), chiamato per la prima volta a confrontarsi con una tragedia greca, ha voluto sostituire lo sfondo tradizionale, la reggia dei Labdacidi, con questa imponente macchina teatrale, così da enfatizzare la distanza che intercorre tra l’élite che detiene il potere e la massa del popolo di Tebe. Gli esponenti reali del ghenos labdacide, Edipo, Creonte Giocasta, sono collocati nello spazio della scalinata, su cui salgono e scendono a seconda dei movimenti scenici; viceversa, il coro – un coro insolitamente imponente, composto da ben 80 interpreti – si muove sull’orchestra, salvo sconfinare in qualche rara occasione sui gradini che simboleggiano l’area dei potenti.
L’ambientazione è del tutto stilizzata e astorica. Edipo, interpretato da un Giuseppe Sartori in stato di grazia, si presenta in camicia bianca e giacca e cravatta neri, dando forma ad un leader elegante, virile e carismatico. Creonte (Paolo Mazzarelli) ritorna da Delfi con in mano una valigetta 24 ore e un codazzo di camerieri in livrea e guanti bianchi. Anche gli altri personaggi indossano abiti moderni con una netta prevalenza cromatica del bianco e nero. Questa messinscena del dramma sofocleo, del resto, rifugge le tinte eccessivamente forti e si caratterizza proprio per la sua semplicità e sobrietà. È un allestimento che evita consapevolmente ogni concessione alla spettacolarità, per esaltare le dinamiche emotive che si sprigionano dalle parole dei protagonisti. Vive dei versi di Sofocle, magistralmente tradotti da Francesco Morosi, e dell’abilità recitativa degli attori, che riescono ad esprimersi sempre con una sorprendente naturalezza, senza quella fastidiosa e artificiale enfasi declamatoria che troppo spesso si riscontra nelle rappresentazioni di tragedie greche. Dal punto di vista dello stile di regia Carsen si rivela, con la sua ricercata asciuttezza, l’esatto opposto di Davide Livermore, che firma l’Agamennone di Eschilo, quest’anno in scena parallelamente all’Edipo re.
Colpisce la rinuncia volontaria e quasi totale all’uso di musiche, che da tempo sono invece diventate un elemento fondamentale nelle rappresentazioni siracusane dell’INDA. «Qui il compositore è Sofocle, il testo è la musica», ha affermato Carsen, il quale in una nota di regia pubblicata sul programma dello spettacolo sottolinea la sua adesione ad una lettura non fatalistica della vicenda (necessità per l’uomo di accettare un destino ingiusto), bensì come «celebrazione dell'indipendenza dello spirito dell’uomo, che lo induce a resistere a quel destino e a combatterlo, per quanto insensato o inutile ciò possa essere».
Tra gli aspetti più riusciti va annoverata la gestione del coro. Non solo, come detto, è composto da un numero altissimo di coreuti (a quanto risulta il coro più fitto che si sia mai visto in una tragedia allestita al Teatro Greco di Siracusa), tutti vestiti di scuro; ma i coreuti eseguono i canti svolgendo precisi movimenti stilizzati così da mimare dei rituali di grande impatto visivo ed emotivo, secondo le suggestive coreografie geometriche – ora circolari, ora triangolari – concepite dal coreografo Marco Berriel. All’inizio del dramma, per esempio, prima ancora che Edipo prenda la parola, ha luogo un potente rituale di lutto funebre, accompagnato dalla percussione regolare dei tamburi, con diffusione d’incenso, processione collettiva dei cittadini-coreuti, velati di nero e con indosso mascherine protettive FFP2, che depositano sui roghi le salme dei loro cari, simbolizzati da stracci.
Graziano Piazza è un ottimo Tiresia che recita con delle lenti a contatto particolari che lo rendono veramente cieco e lo costringono a muoversi tastando le pareti e orientandosi in base ai fasci di luce. Per una volta il vecchio indovino è rappresentato in modo conforme alla tradizione: anziano, con barba e capelli bianchi, con bastone. Manca solo il fanciullo-assistente che lo guida, ma poco importa. Tiresia si fa largo a tentoni in mezzo a cadaveri bruciati. Il litigio con il sovrano segue il copione sofocleo, con una mimica e una prossemica perfetti. Quando il mantis accusa «Sei tu l’empio che contamina questa terra», Edipo scoppia in singhiozzi nevrotici che palesano l’affacciarsi di insicurezza e paura.
Maddalena Crippa interpreta Giocasta con trasporto ed equilibrio. Vestita di una lunga tunica bianca con cintura, la regina di Tebe si propone quale donna autorevole e protettiva, ma anche viscerale nel suo amore per Edipo, con il quale scambia effusioni passionali. I gesti e le tonalità della voce fanno intendere come la regina si adoperi per indirizzare il marito senza mai sovrastarlo, per tenerlo lontano dalla catastrofe.
Il finale rivela in pieno la prospettiva ermeneutica che guida la messinscena di Carsen: Edipo di Sofocle come immagine della condizione umana, come simbolo dell’individuo che non sa davvero chi sia e trascorre la sua vita nell’affannosa ricerca della propria identità. Dopo il suicidio di Giocasta ed il proprio autoaccecamento il sovrano di Tebe si palesa in scena, dall’alto delle scale, completamente nudo, con il volto e il corpo sporchi di sangue. Ricopertosi con la veste bianca della madre-moglie, lentamente scende dalle scale simbolo di un potere che ha perduto, in totale solitudine, vacillando e cadendo più volte. È un’immagine toccante, una sorta di ‘ecce homo’ colmo di pathos. Edipo è arrivato alla verità, ha compreso chi è veramente, ha messo a nudo (letteralmente) sé stesso, è sceso negli inferi della propria coscienza. A quel punto risale mestamente le scale per continuare una vita da esule e reietto. Per affrontare il nuovo doloroso cammino si appoggia al bastone che il veggente Tiresia aveva lasciato in scena e che l’ex re di Tebe raccoglie in una specie di ideale staffetta.
A corredo di questa mirabile messinscena dell’Edipo re è stata allestita a Siracusa, nelle sale della Galleria Nazionale di Palazzo Bellomo, la mostra Edipo – lo sguardo in sé: una ventina di artisti moderni e contemporanei, tra i quali Pomodoro, Paladino, Isgrò, Nitsch, si sono confrontati con la figura “totemica” di Edipo realizzando opere sul tema appositamente per questa esposizione. È molto interessante percorrere la mostra e verificare quanti siano gli spunti che Edipo può fornire alla fantasia creativa degli artisti: la ricerca dentro sé stessi, la scoperta della verità, l’inconsapevolezza, l’essere vittima e protagonista del proprio destino, lo sdoppiamento, l’enigma, la volontà degli dèi e quella dell’individuo, la peste e la malattia, il desiderio passionale, l’incesto, l’omicidio, la paternità, il potere, la tenacia, lo sguardo e la visione, l’autopunizione attraverso l’autoaccecamento e altro ancora. Per citare le parole di Antonio Calbi, sovrintendente della Fondazione INDA e curatore della mostra, «Edipo è la tragedia della visione, della ricerca della verità e dell’introspezione. L’atto del vedere è alla base di ogni esperienza estetica e creativa e riflettere sulla figura di Edipo, sul suo infausto destino, è per gli artisti un modo di riflettere su sé stessi, sulla propria ricerca».
Edipo re di Sofocle
Regia: Robert Carsen
Traduzione: Francesco Morosi
Drammaturgia: Ian Burton
Scene: Radu Boruzescu
Costumi: Luis F. Carvalho
Musiche di scena: Cosmin Nicolae
Luci: Robert Carsen e Giuseppe Di Iorio
Coreografie: Marco Berriel
Regista assistente: Stefano Simone Pintor
Direttori di scena: Carlotta Toninelli e Angelo Gullotta.
Responsabile del coro: Elena Polic Greco
Direttori di scena: Angelo Gullotta, Carlotta Toninelli
Coordinatore degli allestimenti: Marco Branciamore
Responsabile sartoria: Marcella Salvo
Progetto audio: Vincenzo Quadarella
Responsabile trucco e parrucco: Aldo Caldarella
Costumi: Laboratorio di sartoria Fondazione INDA
Scenografie: Laboratorio di scenografia Fondazione INDA
Interpreti: Giuseppe Sartori (Edipo Re), Maddalena Crippa (Giocasta), Paolo Mazzarelli (Creonte), Graziano Piazza (Tiresia), Massimo Cimaglia (Primo messaggero), Dario Battaglia (Secondo messaggero), Antonello Cossia (Servo di Laio), Rosario Tedesco (Capo coro), Elena Polic Greco (Corifea), Giulia Acquasana, Caterina Alinari, Livia Allegri, Salvatore Amenta, Davide Arena, Maria Baio, Antonio Bandiera, Andrea Bassoli, Guido Bison, Victoria Blondeau, Cettina Bongiovanni, Flavia Bordone, Giuseppe Bordone, Vanda Bovo, Valentina Brancale, Alberto Carbone, Irasema Carpinteri, William Caruso, Michele Carvello, Giacomo Casali, Valentina Corrao, Gaia Cozzolino, Gabriele Crisafulli, Simone D’Acuti, Rosario D’Aniello, Sara De Lauretis, Carlo Alberto Denoyè, Matteo Di Girolamo, Irene Di Maria di Alleri, Corrado Drago, Carolina Eusebietti, Lorenzo Ficara, Manuel Fichera, Caterina Fontana, Enrico Gabriele, Fabio Gambina, Enrica Graziano, Giorgia Greco, Carlo Guglielminetti, Marco Guidotti, Lorenzo Iacuzio, Ferdinando Iebba, Lucia Imprescia, Vincenzo Invernale, Althea Maria Luana Iorio, Elvio La Pira, Domenico Lamparelli, Federica Giovanna Leuci, Rosamaria Liistro, Giusi Lisi, Edoardo Lombardo, Emilio Lumastro, Matteo Magatti, Roberto Marra, Carlotta Maria Messina, Moreno Pio Mondì, Matteo Nigi, Giuseppe Orto, Salvatore Pappalardo, Marta Parpinel, Alice Pennino, Edoardo Pipitone, Gianvincenzo Piro, Bruno Prestigio, Maria Putignano, Riccardo Rizzo, Francesco Ruggiero, Rosaria Salvatico, Jacopo Sarotti, Mariachiara Signorello, Flavia Testa, Sebastiano Tinè, Francesco Torre, Francesca Trianni, Gloria Trinci, Damiano Venuto, Maria Verdi, Federico Zini, Elisa Zucchetti (coro di Tebani).
Produzione: Fondazione INDA Onlus di Siracusa
In scena al Teatro greco di Siracusa dal 17 maggio al 3 luglio 2022
Foto @Ballarino @Le Pera