«Se le tragedie dell’antichità rappresentano un mistero, ciò vale in grandissima parte per I Persiani, questa monodia sinuosa come un canto orientale in cui i versi di un poeta dell’esercito vittorioso cantano la diversità, il dolore e la dignità dei vinti» (Mario Martone).
Per la tragedia di Eschilo, diretta da Martone a Siracusa (INDA 1990), Franco Battiato creò, con Giusto Pio, gli spazi sonori di una frattura cupa e fatale: quella del drammatico scontro fra Atene e Susa, fra Grecia (Europa/Occidente) e Persia (Asia/Oriente).
Seguendo in parte il modo di lavorare dei «musicisti dell’Ottocento con i libretti d’opera» – come dichiarò in un’intervista –, dunque «studiando il testo» per cercare la «musica», Battiato si è sintonizzato con i suoni e i silenzi pensati da Eschilo per la hybris di Serse, madre del giogo gettato dal giovane Re persiano «sul collo del mare» greco (I Persiani 72) per smania di potere e di conquista, e con le varie e numerose onde d’urto di questo «male dell’animo» (I Persiani 750).
L’universo orientale dei vinti, scandito dai ritmi dell’inesorabile precipitare di un popolo barbaro potente e raffinato, di un tormento corale indicibile, è il ‘centro di gravità’ delle prime e uniche musiche composte da Battiato per una tragedia greca.
L’oriente è la misura musicale scelta per raccontare lontananze fra popoli e tratteggiare le linee di demarcazione che separavano Atene – l’Occidente – e «il palazzo coperto d’oro» di Susa (I Persiani 159) – l’Oriente – e che, pochi mesi dopo la rappresentazione de I Persiani, sarebbero apparse reali sulla scena del mondo con la Guerra del Golfo.
Riascoltando i pochi frammenti disponibili in rete di questo lavoro dell’artista catanese (qui), si colgono molti suoi tratti distintivi, dagli accordi in successione diatonica al nitore e alla quiete delle superfici musicali che abbracciano recondite e multiformi vibrazioni, e si ritrovano varie componenti del suo caleidoscopico mondo sonoro, come la musica elettronica. Ne I Persiani, Battiato l’ha plasmata per dar voce a un cantilenare arcano, che sospinge parole e gesti di dolore lontano nel tempo, e per suscitare quel senso di attesa trepida e inquietante che pervade tutta la tragedia fino alla fine, quando Serse annuncia l’abbattimento del «demone […] sulla stirpe persiana» (I Persiani 911-912).
In questa partitura tragica sono altrettanto presenti ipnotiche sonorità etniche. Le percussioni della tabla – tamburo protagonista nella musica indiana, pakistana, afghana – avvolgono la tomba di Dario, ‘centro di gravità permanente’ della scena; la fanno pulsare, preparando l’apparizione dell’eidolon del re, evocato dai Persiani del coro con una necromanzia profondamente greca ma dal colore orientale, e da lontano accompagnano l’apparire e lo svanire del primo fantasma del teatro occidentale, i suoi presagi di morte, castigo e pianto.
I suoni di altri due strumenti colorano inoltre il tappeto musicale della tragedia: quelli dell’oboe (brano “Oboe persiano”), che sono eco o variazioni sul tema delle sonorità dell’aulos – aerofono centrale nelle tragedie classiche –, e i suoni dell’arpa (brano omonimo), languidi, avvolgenti, tesi fra la nostalgia della grandezza perduta del regno di Dario e la paura crescente del perdere tutto, che avvolge come una rete.
Nei cori Io grido, O Zeus sovrano, Invincibile Dario, definiti da Battiato la «spina dorsale della mia colonna sonora» (intervista di Federico Vacalebre), l’asse portante è un peculiare recitar cantando che ibrida modi della solenne semplicità del salmodiare con sonorità orientali e che contempla accenti trenodici i quali anticipano l’estremo e irreparabile lamento di Serse, vinto e lacerato (I Persiani 1040-1077).
Il dissolvimento della musica e del canto del terzo stasimo – Invincibile Dario –, intonato dopo il dileguarsi della voce dell’amato re persiano (Piero Di Iorio) nel regno dei morti, spalanca il varco all’arrivo di Serse. La musica dello stasimo è così una cerniera tragica fra padre e figlio, una cerniera che chiude la stagione del «buon governo, grande e splendido» del vecchio re (I Persiani 852-853) e apre al tempo inarrestabile della rovina. Serse (Andrea Renzi) è l’icona della disfatta, re seminudo a cavallo – così lo vede Martone –, stravolto dalle conseguenze di una hybris ebbra di conquista e sprezzante del potere di Zeus sovrano.
Questa musica scritta da Battiato per una delle più intense tragedie greche ha la potenza atemporale delle musiche rituali. Che questo fosse l’orizzonte musicale di riferimento immaginato da Eschilo per I Persiani è ben mostrato da William Clyde Scott nel suo Musical Design in Aeschylean Theater (in particolare, chapter 4: Music in the other aeschylean plays. Persians). In vari momenti della tragedia (I Persiani 256-289, 532-597, 623-680, 1002-1077), nel canto del coro si colgono chiari riflessi e tratti di canti cultuali, inni, lamentazioni rituali, specialmente attraverso reiterazioni, lamenti, grida di dolore, invocazioni.
Scott ha evidenziato come suono e musica siano stati elaborati da Eschilo per caratterizzare l’antitesi Persiani-Greci. Con i suoi percorsi musicali e di ricerca, Franco Battiato ha sviluppato a pieno questo nodo essenziale della tragedia e ha impiegato cifre della musicalità d’Oriente per tradurlo in scena fin dall’inizio (brano “Introduzione”), fin dalla parodo (1-158): qui la dimensione orientale della tragedia e la sua ambientazione nella corte persiana sono in effetti lampanti sia per le parole sia per l’ampio uso del metro ionico, ritenuto in genere un metro orientale.
Alla fine de I Persiani Eschilo fa uscire di scena il coro insieme a Serse in un lamento congiunto («Invero ti accompagnerò con tristi lamenti», I Persiani 1077)..
Pianti e lamenti hanno accompagnato una ben diversa ma non meno tragica uscita di scena, quella di Franco Battiato che pochi giorni fa ha lasciato la scena del mondo dalla sua casa, in Sicilia, nell’isola che nel V secolo a.C. aveva accolto Eschilo.
Per i tanti momenti indimenticabili che Battiato ha fatto vivere a molti di noi con la sua musica e per un personale, indimenticabile incontro nella Chiesa milanese di San Maurizio, dove la domenica risuonano canti della messa di rito greco-ortodosso, desidero chiudere questo piccolo ricordo di Battiato con un ghazal di Hafez, che ci sembra parlare ora di lui.
Dov’è la letizia lieta dell’Unione con Te, ch’io possa lasciare la vita,
io, uccello dei santi giardini, fuggire a libertà dalla rete del mondo?
Per il tuo amore lo giuro! Se Tu mi chiami Tuo servo
rinuncerò al dominio su tutte le cose che sono.
Signore! Una pioggia fa’ scendere dalla Tua nube di grazia
prima ch’io come polvere secca voli via rapito dal vento.
Lèvati, e mostra Tua snella statura, o idolo dalla dolci movenze,
sì che, battendo le mani, io rinunci alla vita e al mondo.
Sono vecchio, sì, ma Tu stringimi una notte sul seno
e all’alba io sorgerò dal tuo abbraccio giovane ancora.
Sièdi accanto alla tomba mia con vino e cantori
sì che al profumo di Te dalle lastre fredde io sorga danzando.
Quando sarò vicino alla morte concedi un attimo solo che veda il Tuo volto
sì che simile a Hafez io sorga a Te, via dalla vita e dal mondo.
Bibliografia:
S. Chinzari, «Ecco il mio Eschilo elettronico », l’Unità, mercoledì 23 maggio 1990, p. 18
A. La Posta, Franco Battiato. Soprattutto il silenzio, Giunti Editore, Firenze-Milano 2010
A. Nove, Franco Battiato, Sperling & Kupfer, Segrate 2020
A. Orsini, I Persiani: dietro all’opposizione Oriente-Occidente, la tragedia di una famiglia, in Ead. Città e conflitto. Mario Martone regista della tragedia greca, Bulzoni Editore, Roma 2005, pp. 78-86
Le citazioni sono tratte dal libro di Alessandra Orsini, dall’intervista di Stefania Chinzari e da quella di Federico Vacalebre.
Le traduzioni dei versi citati da I Persiani sono di Luigi Belloni, Eschilo. I Persiani, Vita e Pensiero, Milano 1988.
La traduzione del ghazal è tratta da Il cacciatore di storie dell’amica Isabella Vaj, Piemme, Milano 2009, p. 187 (sul ghazal e su Hafez: pp. 178-190).
I brani Introduzione, Oboe persiano, Arpa, Io grido, O Zeus sovrano, Invincibile Dario composti da Franco Battiato per I Persiani (INDA 1990) sono nell’Archivio Opere Musicali della SIAE.
Sono molto grata a Luigi Belloni per le preziose indicazioni che mi ha dato e per la generosità.
Nelle immagini, oltre a foto di Franco Battiato e a un'immagine dai Persiani a Siracusa del 1990: Arcieri persiani. Fregio dal palazzo di dario a Susa (VI-V sec. a.C.); Vaso attico del V sec. a.C., scontrotra un soldato greco e un soldato persiano. L'ultimo è un dipinto di Franco Battiato, dal titolo 'Moschea'.