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Segnaliamo nella nostra biblioteca un libro molto bello, denso di documentazione e di immagini: Clásicos en las ondas. El teatro griego y romano en la radio (Classici in onda. Il teatro greco e romano nella radio) di Carmen González Vázquez, Professoressa di Filologia Latina all’Università Autonoma di Madrid.

Il libro è l’esito individuale di una lunga ricerca storica e archivistica collettiva, i cui risultati sono divulgati dal documentario collettivo Clásicos en el aire: el teatro clásico en la radio española (youtube.com). L’autrice ricostruisce un genere che attraversa i decenni (1926-1969) in cui la Spagna soffrì una dilaniante guerra civile e poi la dittatura franchista, esplorandolo nei suoi aspetti tecnici, relativi alla regia radiofonica, al suono, alle compagnie teatrali, alle traduzioni scelte per essere recitate in radio, ma non solo: l’autrice si interroga anche sui riflessi politici e sociali e sui temi delle rappresentazioni,  scrivendo così un importante capitolo che si inscrive in un argomento più ampio e ancora troppo poco esplorato, ossia quello del rapporto tra teatro del XX secolo e totalitarismo. La rassegna si ferma con gli anni Sessanta, il decennio d’oro di quel genere radiofonico, e si conclude con il 1970, quando la diffusione della televisione rese obsoleto e poco gradito il radiodramma.

   Nei radiodrammi spagnoli, il teatro greco è molto più rappresentato di quello latino, che si limita a una Medea di Seneca e all’Aulularia di Plauto. La tragedia greca ha la prevalenza sulla commedia, che compare con l’Aristofane delle Nuvole, del Pluto, delle Vespe. Sofocle e Euripide sopravanzano di molto Eschilo, presente con il solo Prometeo incatenato. Di Euripide vengono prodotte, oltre a Medea, Le Troiane (nel 1949 e 1966) e poi Andromaca, Baccanti, Oreste. La tragedia di Sofocle è presente naturalmente con Antigone (nel 1968 e 1970), poi con Edipo a Colono e Aiace, ma l’  Edipo Re, in tre versioni, è la tragedia più trasmessa nel periodo preso in considerazione. Una sola volta, nel caso della Medea di Seneca del 18 giugno 1933, nella versione del cattedratico e poeta Miguel de Unamuno, si trasmise in diretta la rappresentazione dal teatro romano di Mérida, sede di un celebre festival del teatro classico (Festival Internacional de Teatro Clásico de Mérida - (festivaldemerida.es) (vedi immagine sotto).

     Nel libro di Carmen González Vázquez sono raccolte riproduzioni di trafiletti di giornale che annunciavano o commentavano i radiodrammi, che facevano conoscere le compagnie teatrali e le orchestre che curavano la musica, rare foto di scena di rappresentazioni teatrali d’argomento classico che precedono o sono contemporanee ai radiodrammi. Dalle dotte pagine dell’autrice spira anche un po’ di nostalgia per un tempo e una forma performativa che appartiene alla medialità di un’altra epoca.

    Occupandosi di radiodramma, questo libro pone indirettamente anche una questione essenziale per gli studiosi di teatro antico in un’epoca, come la nostra, segnata dal predominio della visualità e cioè: sino a che punto la parola e il suono da soli riescono a sollecitare la fantasia dell’ascoltatore? La parola, infatti, fa sì che lo spettatore ‘veda’ nella mente quel che non è visibile agli occhi: l’immaginazione coinvolge emotivamente chi ascolta, non meno che lo spettatore e forse anche di più.  Ha scritto Alessandra Azzali (qui), commentando, la serie televisiva Calls di Fede Álvarez in cui non si vede nulla, tranne la linea grafica del suono delle voci di persone che parlano al telefono: «L’invisibilità del suono, unita all’impossibilità di vedere l’azione, ha l’impatto emotivo dell’inabissamento in una dimensione atemporale e ancestrale connessa all’oralità della narrazione».

   Vale lo stesso anche per il radiodramma? E vale lo stesso ogni volta che una rappresentazione non ci fa vedere gli eventi, ma li suggerisce soltanto? In che misura agiva nello spettacolo antico quel che Michel Chion ha chiamato akousma,  il «fantasma sensoriale»,  il suono o la musica che proviene da una fonte invisibile? Un grido lontano, ad esempio, suggeriva che si stava perpetrando uno spargimento di sangue, e forse proprio il fatto che questo non venisse mai mostrato ne amplificava, attraverso la fantasia, la violenza (vedi in questo blog su quest’argomento Patrick Primavesi). Ma vi erano altri mezzi per sollecitare l’immaginazione: ad esempio la maschera, che copriva il volto dell’attore.

    Secondo E.T.A. Hoffmann, scrittore e musicista romantico del meraviglioso e del fantastico,  lo spettatore non deve ‘vedere’, ma deve essere indotto a immaginare, dalla musica, dai suoni, dalle scenografie, per raggiungere un effetto emotivo più intenso. Così è per la radio, e lo è stato specie in tempi in cui ascoltare la radio aveva una smisurata importanza, nell’intrattenimento ma anche nella comunicazione, nella vita individuale e sociale: si pensi ad esempio al ruolo della radio e delle trasmissioni proibite durante la guerra. E adesso? La radio conserva la sua autonomia estetica e il suo potere evocatore?

    Il libro di Carmen González Vasquez è dedicato alla madre, che ascoltava sempre la radio, alle figlie, che appartengono alla generazione dei podcast e di youtube, e alla sorella, il legame con la quale diviene metafora di una ‘sintonia’ affettiva unica. Tre generazioni di donne, attraversate da quel suono, talora alto, talora in sottofondo, che per molti costituisce e ha costituito la colonna sonora della vita. Auspichiamo che questo libro sia letto da molti storici e critici dello spettacolo, tradotto ma anche continuato. Per un panorama sulla storia della radio spagnola rinviamo intanto a questo articolo in italiano di Steven Forti (Zap-34_Zoom-2.pdf (storieinmovimento.org).

Di seguito proponiamo ai lettori del nostro blog la traduzione (mia) della prefazione al libro (pp.XV-XVI).

 

Scena della Medea di Seneca a Merida, 1933, trasmessa in diretta alla radio spagnola

 

 Un giorno ho letto per caso nel quotidiano ‘La Vanguardia’  l’annuncio che «in un freddo giorno di novembre del 1930, alle dieci di sera, dopo il segnale orario»,  sarebbe andata in onda alla radio la ‘Medea’ di Euripide. Restai sorpresa e soprattutto incuriosita.  A chi si doveva una simile iniziativa? Alla gente interessava davvero ascoltare una tragedia greca? C’era abbastanza pubblico perché valesse la pena di fare questo sforzo o la trasmissione si rivolgeva a un’élite che poteva economicamente permettersi quella nuova tecnologia che allora era la radio? Si trattava di una programmazione eccezionale o quella trasmissione si integrava in un progetto culturale più vasto? Con queste domande iniziai un appassionante viaggio nel passato per ricostruire, per quanto possibile, un teatro invisibile, rimasto effimero e senza echi fino agli anni Cinquanta perché non c’erano mezzi tecnici per registrare le drammatizzazioni, ma che ha preso piede nella storia della cultura della Spagna e che, oltre a far diventare familiare al grande pubblico titoli, autori e miti del teatro greco e romano, ha proposto un modo di lavorare tipico anche delle scene del teatro tradizionale.

La radio accompagna i ricordi e le abitudini di generazioni di spagnoli. La radio è un suono, spesso solo di sottofondo, che fa parte del paesaggio familiare e personale. I gol commentati, ascoltati in macchina la domenica pomeriggio, accompagnati per lo più dai "huuuuyyyy" del quasi-gol o dell’opportunità mancata, per la squadra del cuore, di andare in vantaggio; la piccola radio portata in tasca dal nonno, da cui venivano fuori parole e suoni che si diffondevano per la casa; la sigla d’inizio del telegiornale e le accese discussioni che seguivano; la possibilità di conoscere  la musica più recente in programmi specializzati che aprivano una porta al mondo dell’arte, dell’avanguardia e della creatività, mondo inaccessibile nelle città di provincia; il solenne catalogo dei defunti del giorno mentre mangiavo da sola in cucina, al ritorno da scuola; le voci di La saga de los Porretas[1]e altre serie che ci intrattenevano mentre eravamo a letto con gli orecchioni, o nelle noiose ore passate a stirare o mentre eravamo a riposo, in attesa di un bebé... La radio, l’importanza della radio a livello individuale e collettivo è, credo, fuori dubbio; ma questo mezzo di comunicazione è stato anche cruciale per rendere popolare il mondo classico attraverso la diffusione di conferenze, musica e teatro durante cinque decadi del XX secolo (1926-1969).

Il proposito di questo libro è far conoscere, diffondere e rendere omaggio alle iniziative particolari che intrapresero alcuni intellettuali e programmatori radiofonici nelle emittenti di Unión Radio e della SER[2], convinti che fosse un bene permettere al pubblico di avere accesso alle grandi opere di un repertorio difficile, da alternare con altri titoli teatrali nel proprio palinsesto per competere con il successo del radioteatro di ogni tipo in altre emittenti commerciali. Restano ancora molti archivi sonori della radio da recuperare e, forse, da scoprire, per cui verosimilmente in futuro potranno aggiungersi altri titoli a quelli che appaiono nell’indice finale [23 radiodrammi]. Queste iniziative furono pionieristiche e rischiose, in molte occasioni precedenti a quelle poi prodotte dalle emittenti internazionali e trasmesse persino prima che le stesse opere circolassero nei teatri spagnoli, il che sottolinea l’importanza di queste trasmissioni nella storia culturale del teatro classico.

Aristofane, Euripide, Sofocle e Seneca furono una realtà radiofonica grazie all’inestimabile lavoro professionale delle compagnie teatrali e dei loro registi, degli adattatori, dei musicisti e dei ‘ruideros’ [coloro che curavano l’esecuzione dei rumori], che rendevano efficace l’azione teatrale, nonché dei tecnici che resero possibile che il teatro classico arrivasse nelle case. Condivido con loro la gioia di divulgare la meraviglia del teatro antico in un momento in cui i cambiamenti educativi e sociali rendono sempre più complesso l’accesso ai nostri classici.

 

 

 

[1] Titolo di una famosa radioserie umoristica spagnola (La Saga dei Porretas). La serie è stata trasmessa dalla Cadena SER (vedi nota successiva).

[2] Cadena SER, stazione radio più antica della Spagna, fondata nel 1924, ha avuto un grande successo dal 5 gennaio 1976 al 29 giugno 1988: Cadena SER - Wikipedia