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Nel 1942, nel pieno della tragedia della Seconda Guerra Mondiale, Wallace Fowlie, studioso di letterature romanze alla Duke University, scriveva che Jean Cocteau era uno dei pochi scrittori del tempo ad aver compreso pienamente «the meaning of tragedy».

Fowlie intendeva dire che, nonostante l’immagine esteriore di una vita gaudente e di successo, Cocteau in tutte le sue opere esprime una specifica visione ‘tragica’ del mondo, secondo la quale accadono eventi ed esistono relazioni familiari e interpersonali che imprigionano l’essere umano e ne limitano la libertà e le scelte individuali. Il tragico per Cocteau consiste dunque, continua Fowlie,  nella tensione tra l’ineluttabilità del destino e la fragilità umana, che si rivela anche nel dominio incontrollabile che le passioni hanno sulle decisioni e sulle azioni umane. Inoltre ‘tragico’ può essere definito, nelle opere di Cocteau, il percorso da una situazione di disordine, dovuta ad una tempesta emotiva nella quale l’uomo viene a trovarsi, ad  una condizione di ordine, di ricomposizione dei fatti e delle emozioni, ricomposizione che passa spesso attraverso il sacrificio di uno dei personaggi della vicenda.

Lotta con il destino, violenza insita nei legami familiari, sacrificio: tutti questi elementi si trovano negli archetipi tragici greci, a cui Cocteau attinge a piene mani. Nota è la straordinaria influenza dell’Antigone e dell’Edipo Re di Sofocle nella produzione di quest’autore poliedrico ed eslege: e cioè nelle riscritture (La machine infernale, 1934), negli adattamenti (Antigone 1922 con scene di Picasso; Oedipe roi 1937), nell’Oedipus Rex composto per l’oratorio di Stravinskij (1926).

Proprio nel rapporto con gli autori tragici greci, si segna la distanza tra il senso del tragico di Cocteau e quello antico. Cocteau rivisita infatti le due tragedie di Sofocle con l’intento di mettere in evidenza la differenza e la distanza tra il sentimento del tragico a lui contemporaneo e quello greco antico, tenendo in conto le più evidenti stratificazioni culturali che i secoli hanno depositato sugli originali greci, in particolare la mediazione della tragédie classique di Racine. Il risultato è un ripensamento dei miti tragici greci che include quasi sempre l’ironia e talora tocca la parodia. L’originale greco viene da Cocteau privato di ogni enfasi, lo stile reso semplice, quotidiano, i versi tradotti in una prosa secca, nuda, veloce: eppure il meccanismo tragico non ne esce sminuito e indebolito, anzi, diventa ancora più tremendo e preciso. Cocteau opera una revisione linguistica e stilistica minuziosa di Sofocle con l’obiettivo di trasformarne i versi in una prosa giornalistica, cronachistica, asciutta e privata di slanci emotivi, senza però alterare la sequenza degli eventi della tragedia o le dinamiche tragiche. Cocteau definisce questo approccio contraction (contrazione): si tratta di un procedimento che sostituisce il pathos sublime e poetico del linguaggio versificato di Sofocle con il ritmo secco e frammentato di una prosa sobria, precisa e lapidaria, che  aspira a un ideale di brevitas, a un’essenzialità priva di orpelli; non esita a ridurre la liricità elevata e oscura degli stasimi sofoclei, ricchi di metafore, al semplice contenuto informativo di frasi burocratiche o protocollari.

I parenti terribili di Jean Cocteau, regia di Filippo Dini, Stagione 2024/2025

Prendiamo il celebre primo stasimo dell’Antigone (vv. 332-375), che com’è noto inizia con l’espressione πολλά τὰ δεινά, croce di tutti i traduttori e gli interpreti. Lo stasimo, in cui il coro celebra la grandezza tragica, la vulnerabilità e l’ambivalenza dell’essere umano e delle sue conquiste culturali, viene trasformato da Cocteau in una specie di diagnosi fredda e impersonale. Il testo, che nell’originale è ricco di immagini metaforiche, di ardite similitudini e carico di lirismo, viene da Cocteau trasformato in una serie di affermazioni pronunciate da un anonimo portavoce, definito Le Chœur (Il Coro), ma che di ‘corale’ non ha nulla e resta relegato sul fondo della scena. Questo ‘coro’ a voce sola parla come un annunciatore radiofonico, in tono distaccato, con frasi brevi, prive di enfasi o di elaborazione formale, ed ecco in che maniera appare ‘contratto’ il celebre primo stasimo sofocleo.

L’homme est inouï. L’homme navigue, l’homme laboure, l’homme chasse, l’homme pêche. Il dompte les chevaux. Il pense. Il parle. Il invente des codes, il se chauffe et il couvre sa maison. Il échappe aux maladies. La mort est la seule maladie qu’il ne guérisse pas. Il fait le bien et le mal. Il est un brave homme s’il écoute les lois du ciel et de la terre, mais il cesse de l’être s’il ne les écoute plus. Que jamais un criminel ne soit mon hôte. Dieux, quel prodige étrange ! C’est incroyable, mais c’est vrai. N’est ce pas Antigone ? Antigone ! Antigone ! Aurais-tu dé sobéi ? Aurais-tu été assez folle pour te perdre !

«L’uomo è straordinario. L’uomo naviga, l’uomo ara, l’uomo caccia, l’uomo pesca. Domina i cavalli. Pensa. Parla. Inventa leggi, si riscalda e costruisce la sua casa. Sfugge alle malattie. La morte è l’unica malattia che non riesce a curare. Fa il bene e il male. È un uomo onesto se rispetta le leggi del cielo e della terra, ma smette di esserlo se non le rispetta più. Che mai un criminale sia mio ospite. Dei, che prodigio strano! È incredibile, ma è vero. Non è così, Antigone? Antigone! Antigone! Avresti disobbedito? Saresti stata così folle da perderti!».

Queste frasi sono emesse velocemente da una voce nascosta dietro le quinte, irradiata ad alto volume da un’apertura al centro della scena (cette voix sort d’un trou, au centre du décor), come si trattasse di un avviso impersonale trasmesso dal megafono di un grande magazzino. L’Antigone di Cocteau priva così il testo sofocleo dello stile e della dizione lirica e solennemente corale, trasformandolo un’analisi asciutta, spoglia ed essenziale, in un article de journal.

I parenti terribili di Jean Cocteau, regia di Filippo Dini, Stagione 2024/2025

Secondo Cocteau, dunque, la razionalità moderna induce a guardare ai testi tragici greci con disincanto, a privarli di ogni artificio retorico ma anche di ogni elemento patetico, lacrimevole, emotivo. Solo così emerge quella che Cocteau chiama la ‘macchina infernale’ che regola la grande opera in cui riscrive il mito di Edipo: un meccanismo che, visto dall’esterno, agisce con una logica spietata. Questo è appunto, come ho accennato, il senso della ‘tragedia’ secondo Cocteau, esplicitato tra l’altro dal narratore del prologo dell’Edipo Re, che invita gli spettatori a non considerare l’azione come une pièce de théâtre, ma come un supplice, une cause célèbre, un procès («un supplizio, una causa celebre, un processo»), un gioco di sacrificio e annientamento metafisicamente privo di senso, in cui un homme au comble de la chance découvre en un jour qu’il était joué par des dieux sans coeur («un uomo, all’apice della fortuna, scopre in un solo giorno di essere stato manipolato da dèi senza cuore»). Contemplare una macchina di distruzione tanto efficiente che non vi è probabilità alcuna di sfuggirle, una macchina capace di annientare ‘matematicamente’ un essere umano, provoca piacere estetico nello spettatore, che acquisisce così consapevolezza di quella legge ineluttabile a cui diamo il nome di destino. La bellezza della tragedia consiste allora proprio nella sua crudeltà e perciò il meccanismo tragico dei greci funziona ed è destinato a funzionare in ogni epoca.

Molto c’è ancora da lavorare su Cocteau, il tragico e la tragedia greca, ma non solo nelle opere che direttamente prendono avvio da Sofocle. Questa breve nota, infatti, scaturisce dalla messa in scena impeccabile di I Parenti terribili, una delle più note opere teatrali di Cocteau (insieme a La voce umana), anche perché trasformata dallo stesso autore nel 1948 in un film di successo. Cosa c’entra la tragedia greca in un’opera che lo stesso autore, nella prefazione, definisce una «commedia», al centro della quale c’è une node de vaudeville?

I parenti terribili di Jean Cocteau, regia di Filippo Dini, Stagione 2024/2025

I parenti terribili riproduce, in un’ambientazione contemporanea, meccanismi tragici che si trovano non in una, ma in diverse tragedie greche, dandone una rappresentazione a tratti comica e farsesca, eppure con lo stesso esito disastroso: i conflitti alla base della tragedia greca, nati all’interno di una famiglia e spazialmente circoscritti ad una ‘casa’ che in realtà è una roulotte, un ‘carrozzone’, in senso fisico ma anche metaforico, sono riprodotti nella vicenda del dramma di Cocteau. Quando andò in scena per la prima volta nel 1938 al Theatre des Ambassadeur a Parigi, significativamente per la regia di una donna, Alice Cocéa (1899-1970), attrice dalla vita tragica, accusata di collaborazionismo dopo la guerra, il dramma, nonostante il successo, fu criticato per la troppa auto-referenzialità e per i numerosi inserti di riflessione metateatrali (il testo fu poi cambiato dall’autore). La pièce sembrò essere la caricatura dei grandi personaggi tragici greci e della tragedia classica francese. Sulle colonne di Esprit il recensore scriveva:

Che tutta questa trama sia artificiosa è evidente, non tanto a causa dell’inverosimiglianza delle peripezie (i Greci hanno fatto di peggio), ma perché queste avventure non contengono alcun dramma umano universalmente autentico. Quando Edipo incontra e uccide Laio, sentiamo che la finzione è dominata dal dramma dell’impotenza umana. Nulla di simile qui. I personaggi centrali, e soprattutto la madre, sono delle marionette. Certo, il quadro è curioso, abile, ricco di mille virtuosismi: quel milieu di “bohème” in cui la poesia cerca di annidare le sue briciole, tra colletti sporchi e capelli unti, in ciò che chiamano “la roulotte”. Ma, tutto sommato, si tratta di falliti, borghesi delusi ai quali solo la mancanza di denaro ha impedito di condurre la vita di Madame Bovary. Non si può fare a meno di disprezzarli (On ne peut s'empêcher de les mépriser).  D’altra parte, la stessa passione della madre, il cui germe è senza dubbio nel cuore di ogni madre, perde la sua grandezza e la sua verità a causa dell’egoismo cieco del personaggio. Ho riletto Fedra prima di scrivere questa cronaca, la Fedra ammirevole che la Comédie-Française non sarà mai abbastanza biasimata per averci reso irriconoscibile, tra tante altre. Che differenza di livello! Racine non si era sbagliato: per rendere simpatica, toccante, tragica la disperazione di Fedra, ne ha fatto una donna irreprensibile al di fuori della sua colpa, trascinata da un gioco del caso e non da una perversione consapevole.

Solo a questo prezzo, infatti, la tragedia poteva essere salvata; solo a questo prezzo l’adesione dello spettatore poteva essere mantenuta.

I parenti terribili di Jean Cocteau, regia di Filippo Dini, Stagione 2024/2025

Ma proprio nel suscitare quell’emozione che il recensore del dramma definisce ‘disprezzo’ verso i personaggi, sta il senso tragico – e non melodrammatico e nemmeno comico – de I parenti terribili. Come negli adattamenti da Sofocle, Cocteau delinea qui magistralmente la differenza tra la tragedia antica e quella contemporanea, tra personaggio tragico antico e quello contemporaneo. Nella tragedia greca, l’essere umano ha ancora una dimensione eroica, non può fare nulla contro il destino, eppure lo combatte, pur intuendo che ne uscirà sconfitto. Nella tragedia contemporanea, che è un genere di per sé ibrido, i personaggi sono caricature di personaggi tragici, hanno perso ogni carattere eroico, ogni capacità di opporsi alla crudeltà del destino. Il poeta tragico contemporaneo segue attentamente, momento per momento, il prepararsi della catastrofe, svelandone i dettagli grotteschi: ne I parenti terribili questi dettagli sono tutto ciò che rendono i personaggi meschini, disprezzabili, fragili. Un uomo maturo che è amante di una ragazza molto più giovane; una madre che muore per amore del figlio, con atteggiamenti isterici e un finale grottesco; una donna che per tutta la vita accetta di servire la famiglia della sorella, perché innamorata del cognato. Intrecci complessi, che appartengono alla tragedia antica, qui si svelano in tutta la loro frivolezza da feuilleton: il padre rivale del figlio, la  madre consumata dall’incestuoso desiderio del figlio, la sorella che ama il cognato, con il quale però ha anche un rapporto edipico, e che si sostituisce alla sorella, prima idealmente, poi concretamente, acquisendone quindi anche la maternità.

Tragica è anche la presenza di un capro espiatorio. Il sacrificio, come nella tragedia greca, risolve il nodo tragico, specialmente il sacrificio femminile: la madre de I parenti terribili è affine ad Alcesti come a Fedra. Ed affine invece a Ifigenia e ad Antigone è la fidanzata del figlio, che alla fine della vicenda perde tutto e viene emarginata dalla famiglia malata e dal loro asfissiante oikos. Un intreccio così paradossale stravolge il naturalismo e si fa di per sé metafora della finzione tragica teatrale: come lo è anche il ‘carrozzone’ (roulotte), lo spazio del cosmo familiare, che rinvia alla mobilità delle compagnie di teatro e anche del circo.

Tragedia e commedia, dunque, sono nel mondo contemporaneo intimamente connesse, eppure questo non scalfisce la crudeltà della tragedia, la sua mostruosità, come del resto dice esplicitamente Georges, il padre, quando scopre che la fidanzata del figlio, Madeleine, è la sua giovane amante, e alla esclamazione atterrita di lei ‘è mostruoso!’ ribatte:

Exact. C’est une monstruosité. C’est in-cro-yable, mais c’est comme ça. C’est même un chef-d’'œuvre. Hé, oui. (Il s’approche de la bibliothèque et frappe le dos des livres.) Tous ces Messieurs, qui ont écrit des chefs-d’œuvre, les ont écrits autour d’une petite monstruosité du même modèle. C’est pourquoi ces livres nous intéressent. Il existe, cependant, une différence. Je ne suis pas un héros de tragédie. Je suis un héros de comédie. Ces choses-là plaisent beaucoup, amusent beaucoup. C’est l’habitude. Un aveugle fait pleurer mais un sourd fait rire. Mon rôle fait rire. Pense donc ! Un homme trompé, c’est déjà risible. Un homme de mon âge trompé par un jeune homme, c’est encore bien plus risible. Mais si cet homme est trompé par son fils, le rire éclate ! C’est un chef- d’œuvre de fou rire. Une farce, une bonne farce. La meilleure de toutes les farces. S’il ne se produisait pas de situations analogues, il n’y aurait pas de pièces. Nous sommes des personnages classiques. Tu n’es pas fière ? A ta place, je le serais.

«Esatto. È una mostruosità. È in-cre-di-bile, ma è così. È persino un capolavoro. Eh, sì. (Si avvicina alla biblioteca e batte sul dorso dei libri).
Tutti questi Signori, che hanno scritto capolavori, li hanno scritti attorno a una piccola mostruosità dello stesso tipo. È per questo che questi libri ci interessano. Tuttavia, c’è una differenza. Io non sono un eroe da tragedia. Sono un eroe da commedia. Queste cose piacciono molto, divertono molto. È una questione d’abitudine. Un cieco fa piangere, ma un sordo fa ridere. Il mio ruolo fa ridere. Pensaci un po’! Un uomo tradito è già comico. Un uomo della mia età tradito da un giovane, è ancora più comico. Ma se quest’uomo è tradito da suo figlio, allora il riso esplode! È un capolavoro di risate. Una farsa, una buona farsa. La migliore di tutte le farse. Se non ci fossero situazioni analoghe, non ci sarebbero opere teatrali. Noi siamo personaggi classici. Non sei fiera? Al tuo posto, lo sarei».

I parenti terribili di Jean Cocteau, regia di Filippo Dini, Stagione 2024/2025

Perciò non meravigliano i numerosi collegamenti tra i personaggi della vicenda de I parenti terribili e le trame tragiche greche, e non solo quelli delle tragedie su cui Cocteau ha lavorato di più, l’Antigone e l’Edipo Re. Il nucleo della vicenda de I parenti terribili è infatti palesemente edipico: un figlio morbosamente attaccato alla madre e una madre che soffre di gelosia nei confronti di altre donne vicine al figlio. A sottolineare l’atmosfera edipica c’è la centralità che nell’ambientazione è data dalla camera da letto: un letto nel quale ogni giorno si consuma il metaforico incesto tra madre e figlio, ma anche tra padre (Georges) e cognata (Léonie), che vive con loro e fa parte integrante della famiglia e che un tempo è stata  davvero sua amante. Georges, il capofamiglia, che dapprima appare perso in fantasie inconsistenti e assente, si rivela invece un Creonte tirannico e dannoso, mentre Madeleine, la fidanzata del figlio ma anche amante del padre, un’Antigone che non segue le regole dell’ordine imposto dalla società, dalla famiglia, dal padre. D’altro canto è Madeleine la più pura: la sua ‘colpa’ di aver incontrato il padre prima del figlio è del tutto involontaria, ma pagherà questa inconsapevole colpa con la rinuncia al proprio amore.

I fili allusivi alle trame tragiche greche vanno in molte direzioni: la madre, innamorata del figlio ma non ricambiata, è un personaggio che allude e insieme parodizza Fedra, non solo Fedra della tradizione classica, ma anche e soprattutto della tragedia di Racine. Léonie, la sorella che intende imporre l’ordine a un mondo disordinato, nelle relazioni ma anche negli spazi, è un’Elettra spinta da pulsioni incestuose (verso il cognato) e che con la sorella ha un rapporto ambivalente di amore e odio, proprio come Elettra con l’opaca Crisotemi. D’altronde Léonie è anche una seconda Ismene, che cerca di ricondurre alla ragione tutti i personaggi cercando di muoverne le azioni, e a tutte sopravvive con la sua arida e in fondo inutile razionalità.

Ma non è in questi rapporti  – come dicevamo – che consiste l’eredità per noi più feconda e importante della tragedia greca in questo dramma di Cocteau, quanto proprio nel farci comprendere in che misura l’umanità della tragedia greca, un’umanità paradossale di incesti, matricidi, fratricidi e odi familiari, resti intoccata nella sua versione borghese, il cui tono parodico serve solo da arma di seduzione per il pubblico, una ‘contrazione’ anch’essa del dettato tragico antico che oggi non può che suonare del tutto inattuale ed enfatico. Eppure la tragedia è qui, non è morta, è nella roulotte della famiglia che attraversa, con il suo spettacolo non privo di oscenità, un mondo in cui le relazioni, reali o virtuali, mostrano tutta la loro pericolosità e la loro valenza di prigione. Così Filippo Dini, accompagnato anche in questo spettacolo da un cast di eccezione, continua la sua ricerca sul senso tragico della famiglia, iniziato con Casa di bambola nel 2022 e proseguito nel 2023 con Agosto a Osage County.

 

Bibliografia essenziale:

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  • Teatri in prova. "Cocteau con Filippo Dini e il teatro politico di Borghesi e Fettarappa." Intervista a Filippo Dini. Rai Play Sound. https://www.raiplaysound.it/audio/2024/11/Il-Teatro-di-Radio3-del-04112024-c6ab6a63-e8fe-4058-832d-9cfe3fe59cf2.html.

 

Crediti dello spettacolo:

I parenti terribili

di Jean Cocteau

traduzione Monica Capuani

regia Filippo Dini

con Milvia Marigliano, Mariangela Granelli, Filippo Dini, Giulia Briata, Cosimo Grilli

produzione TSV – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Stabile Bolzano

Le foto: @ Serena Pea