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Nell’anno delle celebrazioni del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922, Bologna), Visioni del tragico darà spazio a contributi del e sul poeta legati all’ambito teatrale e alla tragedia greca. Iniziamo condividendo con i nostri lettori parti del dramma di Fabrizio Sinisi Natura morta con attori, «una variazione sentimentale sull’omicidio Pasolini» (Federico Tiezzi).

«Su tutto il dramma aleggia lo spettro della morte (e della poesia) di Pasolini: dalla radio si apprende che un serial killer si accanisce sui poeti, mentre un uomo (Lui), che s’interroga sulla propria identità, l’essere e l’apparire, fissa un incontro con una strana escort (Lei), sfiorata da lampi mistici. […] L’incontro fra il cliente e la prostituta non presenta granché di sensuale, anzi si risolve soprattutto nell’incrocio di due solitudini, che si scoprono antiche conoscenze. Da prospettive diverse (contrappuntisticamente tramate con la memoria poetica del Pasolini che stigmatizzava gli scontri sessantotteschi di Valle Giulia), hanno vissuto un’esperienza comune, essendosi incontrati a Venezia nel corso di una manifestazione […] Alla fine, proprio l’uomo si rivelerà il killer dei poeti («Lui si toglie il maglione: la camicia è sporca di sangue»): la poesia è evento terribile e si contrappone all’inerzia della vita di the hollow men, per i quali l’esistenza stessa della poesia è intollerabile. Consapevole di questo, peraltro, la poesia, tanto ostile alla vita vuota, ricerca e quasi agogna la morte» (Franco Perrelli).

Le citazioni di Franco Perrelli e di Federico Tiezzi sono tratte rispettivamente da “Introduzione. Il dramma trasversale di Fabrizio Sinisi” e da “Postfazione. Il pensiero feroce. Appunti per una drammaturgia in versi”, in Fabrizio Sinisi, Tre drammi di poesia. La grande passeggiata. Natura morta con attori. Agamennone, Edizioni di Pagina, Bari 2017 (https://www.paginasc.it/articoli.php?nome_cerca=Fabrizio%20Sinisi).

In scena per la prima volta a Milano, al Piccolo Teatro Grassi (Festival Tramedautore - 24 settembre 2016, regia di Alessandro Machìa), Natura morta con attori è stato ripreso nella versione tedesca Stilleben mit Schauspielern (regia di Werner Waas, immagine in copertina) e portato in tournée, da ultimo riproposto dal 17 al 27 febbraio 2022 al Teatro di Napoli (regia di Benedetto Sicca), da cui sono tratte le immagini del post.

Ringraziamo Fabrizio Sinisi per averci permesso di pubblicare alcune parti del suo dramma.  

Natura morta con attori, Teatro di Napoli, Febbraio 2022

Scena quinta

 […]

Voce alla radio: «Non è ancora stato identificato il corpo del poeta assassinato all’Idroscalo di Milano. Il corpo è stato ritrovato questa sera alle ore 21.40. L’omicidio sarebbe avvenuto poco prima, verso le ore 20, quando era appena calato il buio... si tratta del quarto omicidio nel giro di un solo mese, in quello che sta diventando il caso italiano dell’anno... gli inquirenti si chiedono...».

 La voce della radio sfuma in una musica.

Dalla musica emerge una terza voce in off.

«Oh, un terribile timore;

la lietezza esplode

contro quei vetri sul buio

ma tale lietezza, che ti fa cantare in voce

è un ritorno dalla morte: e chi può mai ridere –

dietro, sotto il riquadro del cielo annerito.

Riapparizione ctonia!

Non scherzo; ché tu hai esperienza

di un luogo che non ho mai esplorato, UN VUOTO

NEL COSMO.

È vero che la mia terra è piccola

ma ho sempre affabulato sui luoghi inesplorati

con una certa lietezza, quasi che non fosse vero

ma tu ci sei, qui, in voce.

La luna è risorta;

le acque scorrono;

il mondo non sa di essere nuovo e la sua nuova giornata

finisce contro gli altri cornicioni e il nero del cielo.

Chi c’è, in quel VUOTO DEL COSMO,

che tu porti nei tuoi desideri e conosci?

[...]

Tu doni, spargi doni, hai bisogno di donare,

ma il tuo dono te l’ha dato Lui, come tutto;

ed è un Nulla il dono di Nessuno;

io fingo di ricevere;

ti ringrazio, sinceramente grato;

ma il debole sorriso sfuggente

non è di timidezza;

è lo sgomento, più terribile, ben più terribile

di avere un corpo separato, nei regni dell’essere –

se è una colpa

se non è che un incidente: ma al posto dell’Altro

per me c’è un vuoto nel cosmo

un vuoto nel cosmo

e da là tu canti».

La voce sfuma di nuovo in una musica, poi nel silenzio. Buio.

Natura morta con attori, Teatro di Napoli 2022

Scena settima

 

[…]

 

Lei fa per andarsene. Lui la trattiene e lottano.

LEI    Stammi lontano!

          Ma che cos’hai lì?

LUI Dove?

LEI Lì... qui... sul colletto.

       È sangue, hai il colletto sporco di sangue.

LUI Sei tu che mi hai graffiato.

LEI Non sono stata io. Non è il tuo sangue.

       Non è il tuo sangue, vero?

LUI No.

LEI E di chi è quel sangue?

       Di qualcuno dovrà pur essere quel sangue.

LUI Eppure c’è sempre più sangue

       di quello che si vede a un primo sguardo.

LEI Togliti il maglione.

LUI Che speri di vedere?

LEI Togliti quel maglione.

Lui si toglie il maglione: la camicia è sporca di sangue.

       Di chi è quel sangue?

LUI Adesso, vedi, non c’è più bisogno

       che io parli per essere sincero

       (e del resto è questo il sollievo

       di ogni scannamento: il sangue

       elimina ogni equivoco.

       Il sangue non è ambiguo.

       Con il sangue possiamo

       giustificare tutto).

Natura morta con attori, Teatro di Napoli 2022

Scena ottava

LUI Me ne andavo per le strade di un luogo

che non ricordo, freddo

e battuto da un alto vento,

e chiaro, che mi abbacinava e mi

rendeva dura e trasparente, di

un’evidenza dolorosa agli occhi,

la luce e la forma di questo mondo.

Mi accosta poi con la macchina un uomo

alto e secco come un palo, e con gli occhi

terribilmente tristi:

lo si vedeva anche attraverso

gli occhiali spessi. Giovane,

forse più giovane di me,

eppure mi sembrava molto vecchio.

Mi dice: «Vieni a sentire l’odore

dell’erba bruciata sulle spianate

e il crepuscolo lento

che si spezza fra le colline. Vieni

prima che tutto svanisca.

Ti darò molti soldi,

ti farò conoscere l’Occidente».

«Non sono mica stupido», gli dico, ma salgo

comunque in macchina con lui e insieme

senza parlare siamo andati in uno

di quei campi rasati dal sole, ma freschi

di sera per la terra

piallata dalle corse,

accanto a un campetto

di calcio: era rimasta

solo una porta, coi pali

quadri e la ghiaia smossa

dalla furia di chi un giorno

aveva giocato in quei luoghi.

Nessuno di noi due

parlava, e in quel silenzio

a me andava benissimo così.

Così rimanevamo in quella sera

infinitamente lunga, senza guardarci.

Poi all’improvviso il poeta magro e ossuto

ancora senza guardarmi

e con una dolcezza crudele

e violenta, una dolcezza

insostenibile dice: «Ti do mezzo milione

se mi ammazzi». E detto questo

sfila da sotto il sedile una mazza

di legno, come quelle per il baseball,

come il palo di un recinto di masseria,

e lo ripete, con una calma disperata:

«I soldi sono qui, dentro il cruscotto –

purché tu faccia presto». Lo guardavo

come si guarda un fuscello o un’ombra:

privo di forza fisica

e incapace di usarla,

come un bambino piccolo –

sarebbe stato facile.

Invece ho preso il paletto che mi

porgeva e sono rimasto esitante.

Ma ero pronto a colpire

senza nessuno scrupolo:

potevo ammazzarlo senza turbarmene

perché lui era un poeta

e non era la prima volta

che guardavo un poeta

morire di morte violenta,

anzi più d’una volta – e tu lo sai,

già forse dall’inizio l’hai capito –

sono io che li ho cercati

e presi tutti e quattro,

sono io che li ho scannati,

perché certi gridi ricordano

troppo la mia assenza da questo

mondo, da ogni mondo,

e questo è intollerabile.

Questo lo sapevo, e quel suo sguardo

di rondine accecata

me lo rivelava, me lo diceva:

«Noi siamo morti perché

non sappiamo chi siamo.

Non gli altri che camminano, ma noi

siamo i morti che diciamo di odiare.

Il nostro nome l’abbiamo scordato

e non c’è anima viva

che lo ricordi ancora».

Il suo sacrificio era necessario e giusto

per poter continuare a mentire.

Stavo per colpirlo senza esitazioni

quando lui all’improvviso mi chiede:

«Tu sai di qualcuno che sappia?».

«Chi?», gli ho chiesto, e lui: «Una strada

con cui percorrere la notte sino all’aurora

illesi» – e solo allora

l’ho colpito, forte, sulla fronte,

nel centro della fronte, proprio qui,

nel mezzo della fronte

con tutta la forza che avevo.

Non si poteva proseguire ancora.

E ho continuato a picchiare, picchiare,

perché lui per un po’

continuava a gridare, mugolava, come

se stesse masticando una preghiera,

ma piano, opponeva una debole

resistenza con le braccia,

come se fosse stato suo dovere

fingere una resistenza, e aveva ancora

quel grido negli occhi, quella domanda

di una tenerezza che non è di questo mondo

e ho dovuto pestarglieli

tutti e due con le dita

quegli occhi maledetti

per slacciarli dai miei:

o non avrei vissuto

più. Come avrei potuto.

Si sentono avvicinarsi sirene di polizia.

LEI Cos’è che senti, piccolo mio?

LUI Siamo soli nella notte del mondo.

       E non siamo capaci di mentire più.

LEI Il silenzio che aspettavamo è già qui:

       nulla ci è stato tolto, nulla manca.

       Non c’è più da aspettare ma da guardare

       dove va, come si muove

       il lampo nella notte.

LUI Se la salvezza verrà verrà di sera

       in una notte come questa o tante altre

       e sarà come riconoscere

       un volto atteso nella folla

       che a giugno riempie le strade

       nei crepuscoli estivi

       e non sarà faticoso, anzi sarà facile dire:

       “Eccoti”, e riconoscersi veri

       in un silenzio pieno dell’ansia

       di precipitare verso l’alba.

LEI È una vittoria, questa?

LUI Sì.

Il suono delle sirene si fa sempre più forte

Natura morta con attori, Teatro di Napoli 2022