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Sul passo della Poetica (1449b 24-28) in cui Aristotele afferma che l’effetto della tragedia è la ‘catarsi’ sono stati spesi fiumi di inchiostro senza che vi sia accordo su cosa si debba intendere con il termine.

Per una visione d’insieme del problema non possiamo che raccomandare la lettura del fascicolo Catharsis, ancient and modern (2016), a cura di Gherardo Ugolini, uno dei numeri monografici della stupenda rivista open-access Skené diretta da Guido Avezzù e Silvia Bigliazzi.

Come per altri aspetti che riguardano l’esperienza e l’atto teatrale, tuttavia, la discussione erudita e filosofica sulla frase di Aristotele è stata quasi sempre scissa dalla pratica teatrale. La pièce che qui si segnala, prodotta dal Schauspiel Graz nella scorsa stagione, su testo della promettente Caren Jeß e la regia di Daniel Foerster, vuole anche dare una interpretazione contemporanea del passo di Aristotele, a cui si richiama nel titolo, ed esemplificare cosa può intendersi, oggi, per ‘catarsi’ tragica.

Eleos, Schauspiel Graz, 2021

Eleos. Indignarsi in 36 miniature (Eleos. Eine Empörung in 36 Miniaturen), infatti, intende esplorare la catena di emozioni suscitata dalla continua auto-rappresentazione sociale, dall’esposizione  incessante alla camera del cellulare, dalla necessità di raccontare nei social ogni istante della propria esistenza. Cosa provano i protagonisti di questi mini-drammi, che usano photoshop per correggere i difetti fisici, competono con gli altri nella creazione di avatar o di emoticon, si uniformano alle ‘influenze’ o cercano di crearne a loro volta, vivono permanentemente in una realtà artificiale? Cosa accade a chi si vuole mostrare sempre bello, in forma, originale, ‘divino’, cosa si prova sul contemporaneo, permanente, virtuale palcoscenico della vita?

Eleos, Schauspiel Graz, 2021

Una telecamera mette a nudo le 36 piccole storie di cui si compone questa partitura che va in crescendo e restituisce quadri che vanno dalla ingenuità alla cattiveria, dall’irritazione alla rabbia più violenta, dall’egocentrismo a un pernicioso narcisismo, dall’intolleranza al bullismo. Le storie si compongono tutte insieme in un puzzle, un panorama su cui incombe una incontrollata e incontrollabile ira, la cifra della nostra epoca.  Il regista Daniel Foerster le ambienta nell’ ‘Olimpo’ di un centro benessere, in cui si aggirano splendenti e pacchiani dei o presunti tali, grotteschi nella loro apparente felicità e nel loro luccicare, che offrono alla camera sorrisi smaglianti, incoronati d'oro e dai fisici possenti, nerboruti, tatuati, ma fragili come figurine di cartone e tutti prossimi a crollare per lo stress da esibizione. La tragedia si intreccia con la satira e queste miniature ricordano i Dialoghi degli dei di Luciano di Samosata, memorabili sketch di un mondo in dissoluzione.

Eleos, Schauspiel Graz, 2021

Il testo, come in un mosaico, restituisce infine la “cacofonia dell’oscurità” del nostro presente – si legge sul sito dell’editore del testo. Comune a tutte queste situazioni sin troppo umane sta un dolore nascosto e profondo, che cova aspettando di trovare espressione, lingua e suono. Perciò, anche nell’apparenza grottesca, si tratta di storie tragiche, di progressiva scomparsa e morte del soggetto. La tragedia sta anche nell’inconsapevolezza della fine: i protagonisti delle miniature non sembrano avere capacità cognitive; agiscono invece per imitazione dei modelli, si adattano acriticamente a quel che viene loro imposto, sono marionette in mano a influencer a loro volta inconsapevolmente influenzati da oscuri poteri. Le ‘esplosioni’ di questi quasi-automi sono meccaniche, indotte, programmate come in un video-gioco. Si spera che il pubblico, invece, chi sta dall’altra parte della camera, abbia la capacità di pensare, di elaborare la violenza,  e in qualche maniera di ‘purificarsi’. Ma come si segna la differenza tra pubblico e attore? 

Eleos, infatti, ‘compassione’, ‘pietà’, è il sentimento che si dovrebbe provare nella contemplazione distante di quest’umanità quotidiana nei suoi casi tragici (e comici contemporaneamente). Lo spettacolo è naturalmente metaforico: la vita è teatro, sul cui palcoscenico agiscono tipi umani, copie di originali stereotipati e imposti dal trend del momento.

Eleos, Schauspiel Graz, 2021

Resta la domanda se la ‘pietà’ o ‘compassione’ provata davanti a queste eruzioni emotive, filmate con una camera chirurgica, servano a liberarci da quelle stesse emozioni e da quei comportamenti esibizionistici. Se insomma la mimesi (tragica) abbia un effetto  catartico, come forse voleva Aristotele, oppure se la catarsi, se mai davvero abbia significato ‘purificazione’,  sia divenuta ormai impossibile.

Eleos, Schauspiel Graz, 2021

 

 

Eleos. Eine Empörung in 36 Miniaturen

di Caren Jeß

Regia: Daniel Foerster; Scene e costumi: Mariam Haas; Lydia Huller, Robert Sievert; Musica: Jan Preißler; Video: Simon Baucks; Live-Kamera: Timo Neubauer; Drammaturgia: Franziska Betz.

Con Henriette Blumenau, Oliver Chomik, Nico Link, Alexej Lochmann, Daria von Loewenich, Sarah Sophia Meyer, Raphael Muff, Susanne Konstanze Weber

 Eleos è stato mostrato come film nell’ambito dei Autor:innentheatertagen nel Deutschen Theater di Berlin il 10 giugno 2022 e poi sul sito di Nachkritik +. Trailer e fotografie si trovano qui: https://schauspielhaus-graz.buehnen-graz.com/play-detail/eleos-eine-empoerung-in-36-miniaturen