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Ismene è un personaggio oscurato nel mito e nella conseguente tradizione teatrale su Edipo. La grandezza del gesto di sua sorella Antigone offusca l’inazione della mite Ismene.

Ma se Ismene parlasse? Se Ismene raccontasse la sua verità?

Nel monologo Mio padre Edipo,  Ismene è un medico legale in una Tebe senza tempo, che chiede di esaminare il cadavere della sorella Antigone, trovata morta in cella, pare suicida per impiccagione. Ismene tenterà di stabilire la verità sulla morte della sorella e mentre è in attesa di dare inizio all' autopsia racconta la sua versione della storia.  (Vittorio Pavoncello)

La drammaturgia di Vittorio Pavoncello è stata segnalata nella XIV edizione del premio Fersen (2019: ulteriori informazioni qui). Durante la serata di premiazione, al Chiostro Nina Vinchi del ‘Piccolo Teatro’ di Milano (vedi qui), il 5 dicembre 2018, è stato letto un brano da Giorgina Cantalini (nella foto sotto). Di seguito ne proponiamo uno stralcio, ringraziando l’autore per aver concesso la pubblicazione sul nostro sito. (Sotera Fornaro)

Foto dell'attrice Giorgina Cantalini giovane

 

Al pubblico

"Non amo chi mi ama solo a parole..."

Sorella mia, streghetta piena di vita, sacro furore e tanto, troppo rancore, sorella, fra poco ci rincontreremo.

Non amo chi mi ama solo a parole… basterò io a morire … tu hai scelto di vivere, io di morire”.

Ripeto ogni giorno queste tue frasi, quando mi sveglio e prima di addormentarmi. Sono la mia preghiera quotidiana: Non amo chi ama solo a parole...

Ripeto ogni giorno le tue frasi, al mattino e alla sera; ogni volta che guardo qualcuno negli occhi, le ripeto: Non amo chi ama solo a parole... 

Sorella mia, la famosa Antigone.

Ti rivedo mentre mi urlavi contro: "Non amo chi mi ama solo a parole..."

Antigone, Antigone gloriosa, la figlia di Edipo.

E io?

Chi sono io?

Io sono la sorella maggiore. Quella assennata. Quella senza colpi di testa. Ismene, l'oscura.

Nessuno ha mai sentito parlare di me.

Sono vissuta chiusa nel palazzo. Sin da bambina, leggevo, leggevo tanto. I libri come amici e come consolazione.

Sin da bambina, mi sentivo sola, in un palazzo grande e vuoto. Nessuno si interessava di me. 

Con i miei fratelli, mi incontravo solo qualche volta nei pranzi ufficiale. Con Antigone, non mi intendevo molto.

Lei giocava con le bambole. Io leggevo. Lei si adornava con i gioielli della mamma. Io mi nascondevo. E leggevo, leggevo molto.

Non abbiamo avuto un padre. Edipo non si interessava di noi. Dormiva dall'altra parte del palazzo. 

Anche Giocasta era distratta. Inseguiva chissà quali fantasie. Passava le sue giornate davanti allo specchio e con le sue ancelle.

Sabine Lorenz interpreta Ismene

Io, Ismene, anch'io figlia di Edipo e di Giocasta. 

Nostra madre si è impiccata. 

Anche Antigone, pare, si è impiccata. In cella. 

C’è troppa corda nelle nostre vite.

'Madre', 'padre', parole insensate, per noi. Parole insensate, per me.

Adesso sono morti tutti, tutti morti. Anche Antigone.

Per me non è cambiato molto. Solo sono stata e sola sono. Ma...

Vorrei dimenticare, ma non posso. Io, la sorella. Io, l'orfana. Vorrei dimenticare e non mi è concesso.


Sabine Lorenz interpreta Ismene

Rivolta ad una presenza che sente nell’aria, ad un'ombra

Antigone, cosa hai fatto?  Noi dovevamo continuare a vivere. Lontano da questa città. Lontano da Tebe. Fuggire, fuggire, fuggire. Il più lontano possibile.

Non ne siamo state capaci. Non ne sono stata capace e tu nemmeno.  

Tu sei voluta restare qui, a Tebe. Tu amavi questa città.

Io non ho mai amato Tebe. Mi sono rassegnata a viverci. Rassegnata ad una città, rassegnata ad una famiglia potente. Rassegnata a queste mura, come ci si rassegna ad una prigione. Rassegnata ad essere figlia di una famiglia maledetta. Ogni volta che passavamo, io e te, la gente ci parlava alle spalle. Eccole, le figlie di Edipo, dicevano. Il nome Edipo vuol dire tanto.

Una famiglia di violenti e di suicidi. 

Fuggire, dovevamo fuggire, quando era ancora possibile. Quando Edipo si è accecato e per noi qui non c'era più futuro. Avevamo perso tutto, nessuno più ci proteggeva. Dovevamo andare via. Meglio vivere in campagna che in un palazzo dei veleni.

Ma tu no, sei rimasta fedele a questa città. Tu la volevi, questa città. Tu ti sentivi l'erede di Edipo. La vera e sola, unica erede di Edipo.

Che follia, Antigone. Eri solo una ragazzina, senza né arte né parte.  

Io da bambina leggevo, studiavo, mi lasciavo istruire dal medico di corte. Io volevo fare qualcosa di diverso. Cercavo di tenermi lontana da voi, dai miei fratelli, da mia sorella. Lontana dal regno. 

Tu invece dicevi: un giorno, sì, un giorno sarò regina.

Poveva, piccola Antigone. Da noi le donne non diventano regine. Diventano solo spose dei re. 

Sabine Lorenz interpreta Ismene

Al pubblico

Ma Antigone voleva diventare regina senza avere affianco un re. Senza sposare un re. 

Voleva regnare da sola. Come un maschio, diceva. 

Un sogno, un sogno ingenuo che s'infranse presto. Edipo non la aiutò.  Antigone era la prediletta di nostro padre Edipo. La indusse a credere che per lei il mondo sarebbe cambiato: che sarebbe stata lei, donna e sorella minore, a ereditare il trono. Nostro padre odiava i suoi figli maschi. Assomigliavano troppo a lui.

Voglio diventare regina - diceva Antigone a Edipo. E quello sorrideva, faceva un cenno con la testa. La illuse, ecco, sì, la illuse.

Io li osservavo, in disparte. Sapevo che non sarebbe mai diventata regina.

La storia andò molto diversamente. Edipo si accecò. Fu costretto a farlo per evitare il disonore di essere giustiziato.

Noi eravamo troppo piccole, non capimmo cos'era successo. Creonte aveva montato un castello di accuse pesantissime: Edipo, il re, davanti ai cittadini fu accusato d'essere un corrotto, un traditore, la rovina della città, come una malattia mortale ed epidemica. 'A morte, a morte!' - gridava la folla. Ma Edipo non voleva morire. E allora si punì da solo, di sua mano, con un colpo di teatro, nella piazza pubblica, prese uno spillone e si perforò gli occhi.

La pietà e l'orrore del gesto gli salvarono la vita.

Ma a che prezzo? 'Fuggiamo' - dissi ad Antigone. Eravamo ancora quasi due bambine, ma io sarei andata via volentieri, in campagna, sui monti, dove c'era un pastore che giocava con me sin da bambina, ogni volta che veniva in città. Di sicuro ci avrebbe accolte nella sua casa. 'Andiamo Antigone', la pregai. La lei fu irremovibile. 'Resto qui' - disse.

In verità non restò. Se ne andò con mio padre, e mi lasciò sola.

Antigone è sempre stata vendicativa. Penso che andò in esilio con Edipo per andare a cercare aiuto. Nei suoi sogni c'era sempre diventare regina. Accompagnò mio padre presso chi poteva aiutarla a rientrare a Tebe e a sconfiggere Creonte. Oppure voleva aspettare che i nostri due fratelli fossero diventati abbastanza grandi. Si sarebbero certo vendicati su Creonte, sul grande accusatore di mio padre.

Edipo era davvero colpevole? Non lo so, non lo sa nessuno. Certo, ha pagato. Si è accecato.

Ma si è accecato davvero? Io questo so solo per averlo sentito raccontare. In piazza non c'ero. Ero in casa, con le orecchie tappate con la cera per non sentire le urla.

Edipo andò in esilio, portandosi via Antigone. Furono anni lunghi di solitudine. Io rimasi in città, continuai a studiare, cominciai a lavorare. Nessuno si interessava di me.

I maschi, nemmeno li vedevo. Facile prevedere che avrebbero presto litigato per l'eredità. Per un certo periodo, Creonte riuscì a tenere i miei fratelli ambedue sotto controllo.

Era il nostro tutore. In realtà, divenne un re-ombra. Decideva tutto lui. 

Poi si venne a sapere che Edipo era morto, in un paese lontano. Sino a quel punto, le cose erano andate bene. Adesso ci voleva un nuovo re. Chi sarebbe stato dei miei due fratelli? Creonte suggerì: 'comincia tu, Eteocle'. Polinice accettò e si mise paziente in attesa del suo turno.

Ma Creonte aveva altri piani. Antigone ritornò a Tebe, piangente. Creonte ne fu felice, apparentemente, anzi la promise in sposa al figlio Emone.

E io? Nessuno mi considerava. Creonte si era persino dimenticato della mia esistenza. Non costituivo ancora un problema.

Antigone odiava Creonte. Lo odiava perché Creonte era stato felice quando Edipo era caduto in disgrazia e se n'era andato, lasciando vuoto il trono. Creonte sapeva che i nostri due fratelli non sarebbero mai stati capaci di gestire il potere. Che si sarebbero fatti fuori reciprocamente, oppure li avrebbe fatti fuori lui. 

E allora, sarebbe finalmente arrivato il turno di Creonte. Voleva diventare re da sempre, Creonte.

Quando Laio, il primo marito di nostra madre, non tornò più da un viaggio, Creonte aveva detto alla sorella: 'che bisogno hai di sposarti, fammi re, penserò io a te'. Giocasta ci stava pensando, strane voci circolavano sull'amore di lei per il fratello, su che tipo di amore fosse.

Allora arrivò in città Edipo. Nostra madre si innamorò di lui, anche la città si innamorò di lui. Ci sapeva fare. Lo fecero re in quattro e quattr'otto. Creonte ingoiò amaro, ma fece buon viso a cattivo gioco.

Dal giorno dell'incoronazione di Edipo, Creonte non ha fatto nient'altro che aspettare. Intanto siamo nati noi quattro. Le cose andavano bene, Creonte tramava nell'ombra ma Edipo riusciva a tenerlo a bada. 

La vita di Creonte diventò aspettare.  

Aspettare che Edipo morisse, che i suoi figli morissero, che la sorella Giocasta morisse. Aspettava e tramava per diventare re. Corrompeva quelli che poteva. Aveva un suo piccolo esercito. Costruì false prove per accusare Edipo e poi gli intentò un processo: lui aveva tradito la città, l'aveva venduta. Edipo, il traditore, colpevole di tutte le colpe. 

Quando Edipo si accecò e andò in esilio, Creonte visse la prima sua grande vittoria. Finalmente quell'idiota non c'era più e non c'era stato nemmeno bisogno di sporcarsi le mani facendolo giustiziare.  La sorella si era suicidata, non aveva accettato d'invecchiare e di non essere più desiderabile. Quattro figli l'avevano sformata. Comunque si era tolta di mezzo.

Per Creonte, le donne erano tutte isteriche. Oppure depresse: come sua moglie, Euridice.

Sulla strada per la conquista del potere, restavano due ostacoli: Eteocle e Polinice, che Creonte considerava due pappemolli, più stupidi del padre. Eteocle, poi, era il più malleabile. 'Comincia tu a regnare, Eteocle' - disse Creonte. E quello regnava, in realtà non regnava affatto. Polinice pazientò per un po'. Poi disse: 'voglio il mio'. 

E sì, c'eravamo io e Antigone. Di me, Creonte non si curava affatto. Non gli importava che facessi.

Per Antigone aveva altri piani.  

Creonte voleva diventare re e  voleva assicurarsi una discendenza.

Perciò Antigone lo odiava. Antigone era in tutto uguale ad Edipo: considerava Tebe una cosa sua, non una città dei cittadini. Pensava di diventare regina. E invece: Creonte voleva obbligarla a diventare la moglie di suo figlio, Emone.

Emone le era indifferente. Ma Antigone non voleva certo figli da lui. E non voleva essere la nuora di Creonte. 

Nella nostra famiglia, non era consigliabile aver figli. Nessuno di noi due ha mai desiderato diventare madre. 

Io volevo diventare una suora, una sacerdotessa,volevo fare qualcosa di utile per gli altri. Ho studiato medicina. Ho potuto farlo, perché nessuno si è mai interessato a me. E io non mi sono mai interessata di Tebe.

Tebe era stata il regno della nostra famiglia. Ora era di Creonte. Antigone non voleva dare una discendenza a Creonte, l'usurpatore. Antigone voleva diventare regina.

E invece niente: Creonte era potente, irrideva le manie di grandezza della ragazzina. Però gli piaceva. Era abbastanza ambiziosa, la moglie adatta per suo figlio Emone, un debole e un piagnone. Anche un po' vigliacco. Dunque: Antigone avrebbe sposato Emone.

Il matrimonio diventò urgente quando i nostri due fratelli morirono: si uccisero, pare.

Antigone doveva sottrarsi a quel matrimonio.

Quello il suo chiodo fisso. Non sposare Emone. Diventare regina. Ma come? 

Avrebbe fatto di tutto pur di non sposare Emone, il figlio dell’odiato Creonte. Non poteva sopportarlo. Ma non poteva fuggire. L'avrebbero presa, anche fosse andata in capo al mondo. E allora ha usato un trucco vecchissimo: fingersi pazza. Sarebbe andata contro Creonte e quello non avrebbe più potuto permettere il matrimonio.

Quando Creonte ha promulgato il decreto su Polinice tutta la città è rimasta sorpresa. Ma che senso aveva prendersela con un morto? I figli di Edipo erano morti, ora Creonte poteva dominare la città, averla tutta per sé, nessuno si opponeva e nessuno intendeva opporsi. Basta. Questa storia della stirpe di Edipo era durata troppo a lungo. 

Ma Creonte aveva bisogno di un atto dimostrativo, di far capire a tutti che la musica era cambiata.

Che lui non era Edipo e che nessuno doveva essergli d'intralcio. Che era il capo indiscusso. Polinice aveva osato fargli guerra, bene: ne avrebbe gettato il corpo in pasto agli animali. Così tutti avrebbero saputo cosa accadeva a chi si metteva contro Creonte. 

Creonte voleva mandare un segnale.

Antigone allora ha finto di dar di matto.

Cercava una ragione per opporsi a Creonte e quello gliel'ha data su un piatto d'argento. Si è finta pazza: 'devo seppellire mio fratello', gridava e lo gridava per tutte le strade di Tebe. Allora io le dissi: stai zitta, così lo provochi troppo. Così deve mostrarsi più forte di te. Così darà in escandescenze, lo sai che Creonte è un violento.

Nulla. Gridava 'devo seppellire Polinice!'. La scambiarono per pazza, per una pazza che trasgredisce le leggi di Creonte. Di quel Creonte che lei odiava, odiava profondamente. E Creonte la fece arrestare. 

Si, Antigone ebbe coraggio, devo ammetterlo. Un coraggio inutile, però. Creonte era troppo potente. E si era anche troppo irritato. Gliel'avrebbe fatta pagare.  

Antigone aveva un piano ingenuo: pensava che, per l'indignazione, tutto il popolo di Tebe si sarebbe ribellato. Pensava che l'avrebbero eletta regina. Non credeva che la sua finzione sarebbe riuscita e che tutti l'avrebbero giudicata una povera pazza. Una ragazzina orfana di padre e madre, e ora dei fratelli, che aveva perso la ragione. Che delirava. 

Antigone si è creata il suo inferno. 

Voleva fuggire un matrimonio che non voleva, che disperatamente non voleva.

E allora: si è opposta a Creonte. Lo ha contraddetto. Ha trasgredito i suoi ordini.

Bisogna dire che Antigone raggiunse il suo scopo. Il matrimonio non sarebbe stato più possibile. 

Ma voler rovesciare il potere di Creonte, quella era davvero una follia! Antigone era davvero pazza.

Come poteva pensare che la città si sarebbe messa dalla sua parte? E perché, poi? Creonte arricchì molta gente, aveva un occhio di riguardo per chiunque gli baciasse le mani. 

Quando l'hanno portata davanti a Creonte, Antigone lanciava occhiate di fuoco intorno a lei. Chiedeva senza parlare: 'aiutatemi'. Erano tutti lì, in silenzio. Restarono in silenzo.

Creonte la insultava. 'Una puttanella' - disse subito.Tutti in silenzio.

Il principe Emone non poteva certo sposare una puttanella.  

Restarono tutti in silenzio.

 

Sabine Lorenz interpreta Ismene

Polinice andava sepolto?

Questa ossessione della tomba... La tomba, così importante nel culto della morte. Io, invece, adoro la vita. 

In ogni caso non è servito a niente gridare: 'devo seppellirlo'. Nessuno l'ha capita. L'hanno lasciata sola. L'hanno condannata con la paura e il silenzio.

Polinice non era migliore di nessuno, dopo tutto.

Anche lui ha voluto morire ammazzato.

Sabine Lorenz interpreta Ismene

 

Mette in una borsa strumenti medici. 

Gli scrittori si sono innamorati di Antigone, le hanno dedicato pagine di filosofia, poesie e drammi...

Ed io invece ho suscitato solo pietà e commiserazione: Ismene, colei che non ha saputo ribellarsi. Quanta cecità!

Avevi ragione papà a privarti della vista. Sei vissuto al buio e quando hai visto la luce era insopportabile da sostenere.

La storia è semplice, ed anche più banale, vi dico: Antigone non voleva sposare Emone. Si è finta pazza, ha trasgredito la legge di Creonte, ha cercato di seppellire Polinice. Creonte non avrebbe permesso al figlio di sposare una donna che lo contraddiceva in pubblico, che non obbediva ai suoi ordini.

Questo voleva Antigone, nient'altro. Non essere la nuora del boss. E poi certo sognava anche di diventare regina. E pensava di poter sollevare il popolo contro Creonte. Povera illusa. Non andava presa sul serio, e infatti non la presero sul serio.

Al popolo non importa chi comandi, purché abbia da mangiare. Il popolo ha paura. Il popolo poi non può volere una donna come regina. Comandano i maschi, da sempre. Antigone ha rischiato. Ma non pensava seriamente di morire.

Io credo che sperasse nella grazia. Non pensava che Creonte l'avrebbe condannata a morte. Neanche io lo credevo. Ho scongiurato Creonte di non farlo. Il matrimonio era andato in fumo, Antigone aveva raggiunto il suo scopo, poteva essere punita esemplarmente: un paio di schiaffi, uno sfregio, qualcosa del genere. Poteva metterla in un bordello. O in manicomio... Ma ucciderla... ucciderla no, era una pena esagerata. Emone, poi, era disperato: cosa ha fatto, cosa ha fatto, ripeteva. Si era davvero innamorato, l'allocco. Implorava il padre che avesse pietà. Il padre lo insultò, froci non ne voleva in casa sua, disse. Lesbiche nemmeno - non so a chi alludesse. E nemmeno puttane. Lui era stato chiaro: chi non obbedisce, muore. 

Antigone fu portata in prigione. 

Cos'è successo, poi, non so.

Dicono che si sia impiccata.

Io non ne ho potuto vedere il corpo.

Ho chiesto di farne io in persona l'autopsia. Sono il medico legale della città.

Così potrò vedere con i miei occhi cosa è accaduto. 

Cosa è accaduto davvero.

Com'è morta Antigone?

In una famiglia di ciechi, voglio vedere con i miei occhi. 

Posso vedere la verità di quel che ti è accaduto, Antigone.

Ti sei uccisa? Ti hanno uccisa?

Il tuo collo, Antigone, mi dirà la verità: ti sei impiccata? O ti hanno ucciso?

Sabine Lorenz interpreta Ismene

La mia famiglia è vissuta troppo ignorando cose che potevano essere sotto gli occhi di tutti. 

Non vedeva Giocasta che il volto di Edipo tanto amato le somigliava come una goccia d’acqua?

Non sentiva che le labbra di Edipo, morse nella sua bocca, erano dello stesso sapore delle sue?

Non riconosceva in quel profilo, che scendeva come il Monte Citerone dalla fronte del suo sposo, quello di Edipo che sullo stesso monte fu abbandonato perché morisse?

E lui, mio padre, non assaporò in quei capezzoli che mordeva negli amplessi la stessa sapidità che succhiava appena nato?

Sabine Lorenz interpreta Ismene

 

Quegli occhi, che estasiato guardava da innamorato, non furono anche i primi che venendo al mondo vide fra pianti e risate?

Come poterono i nostri genitori essere tutti e due così vuoti di memoria e insensibili a quell’aria di famiglia che emanava da ogni loro tratto?

A nessuno dei due venne mai il minimo sospetto?

E se Edipo somigliando un po’ meno alla madre Giocasta era più somigliante a suo padre, era pur sempre Laio che Giocasta avrebbe dovuto vedere nelle sue spalle forti, o no?

Non ebbe nemmeno un sussulto, come alla vista di un fantasma, quando il giovane che aveva ucciso la Sfinge, le si presentò con lo stesso volto di suo marito Laio?

Sabine Lorenz interpreta Ismene

Io credo di sì. Credo anche che ognuno sapesse e gli piacesse. Perché era come specchiarsi senza fine nel proprio volto.

Giocasta, mia madre, fu già colpevole quando lasciò che Laio uccidesse suo figlio, Edipo, per paura della profezia che lo voleva patricida, incestuoso e sul regno di Tebe. Lei non si ribellò. 

Furono tutti d’accordo e a ognuno faceva comodo che tutto restasse in famiglia?

Come si può essere così ciechi verso se stessi?

Ecco, perché mio padre si è accecato! Quello che c’era da vedere era già stato visto, tutto.

Angelika Hofstetter interpreta Ismene

Parla nell’auricolare

Il cadavere è pronto? E il resto? Certo che sono nervosa! … 

Un'autopsia pubblica. Ho voluto che quest'autopsia diventasse uno spettacolo. Tutti devono sapere. Tutti devono vedere. Io, Ismene, sono la protagonista. Sono io che devo operare sul corpo di mia sorella. 

Io devo guardare di nuovo il suo volto. Volto caro di Antigone. Volto tinto di rosso del sangue. Volto turbato dal caos di pensieri. Occhi che non possono più guardare.

Io devo guardare il corpo di mia sorella con gli occhi della scienza. Io devo saper dire, io e proprio io: cosa è accaduto ad Antigone? Perché è morta Antigone?

Nessuno sa cosa è accaduto in prigione. Si è impiccata, hanno detto.

Mi hanno telefonato e hanno detto: 'Si è impiccata'.

Come ci si può impiccare in una prigione?

Non era sola, in quella cella. C'era qualcuno con lei. Chi?

Perché, perché nessuno parla?

Angelika Hofstetter interpreta Ismene

Al pubblico

Sono il medico legale di Tebe. Io, la sorella pavida. La vigliacca. Colei che non ha scelto la morte. Che non ha trasgredito la legge. Che ha voluto vivere.

Il potere non mi interessava. Non mi interessavano tutti loro. Io volevo far altro.

Ho fatto il medico. Per molto tempo, nessuno mi ha cercata. Lavoravo, tornavo a casa. Punto. Poi Creonte cominciò a pensare che un medico poteva essergli utile. Meglio un medico consenziente, da controllare. 

Alla famiglia non si sfugge.

'Ismene, lavora per noi', mi hanno imposto. Dapprima mi fecero curare i loro uomini feriti che non potevano essere portati in ospedale. Ferite gravi. Bisognava estrarre proiettili, operare lacerazioni profonde. Mi hanno costruito una sala operatoria in casa. 

Poi mi hanno detto: 'Sai, c'è bisogno di te in procura. Sarai il nostro medico legale'. Ho visto cadaveri uccisi da arma da fuoco, sfigurati dall'acido, incaprettati. 'Scrivi che è morto per cause naturali, Ismene', mi diceva il capo della polizia, sempre lo stesso, amico prima di Edipo, poi di Creonte. 'Scrivi, Ismene, scrivi'. E io scrivevo.

Ma da parte ho un lungo dossier, con le prove dei crimini. Un giorno, un giorno salterà fuori. 

Io però nei confronti di quei cadaveri ho sempre avuto solo amore. 

Io, a contatto con i morti. Sono la custode dei morti. Forse per questo amo così smisuratamente la vita. 

Ma anche io faccio parte della famiglia. 

L'autopsia di Eteocle mi è stata risparmiata. Ovviamente Creonte non l'ha voluta. Lo hanno sepolto di fretta, con un funerale pubblico, con la gente che si accalcava per le strade e le bandiere di Tebe che sventolavano alte, nel cielo finalmente azzurro, non devastato dalla polvere delle macerie. La guerra era finita, Creonte era il re ufficiale: governava già da prima, da quando Edipo era andato via, Eteocle gli lasciava fare tutto quello che voleva, e andava bene così.

Ma Polinice si era messo di mezzo. Voleva pure lui la sua parte di potere. E una notte aveva attaccato, con la sua gang. Figuriamoci. Gli uomini di Creonte se lo aspettavano. Li hanno attesi ad una delle porte, un agguato bello e buono. Sono morti tutti.  Pare che Polinice abbia ucciso Eteocle, realizzando la maledizione di Edipo. Così dicono. Io non ne sarei sicura.

Io penso che tutti e due siano stati fatti fuori dagli uomini di Creonte.

Che finalmente poteva essere incoronato re, il vero e legittimo re. Era lo zio di quelli lì. Il trono spettava a lui. Ma io non so che proiettile abbia ucciso Eteocle. Il corpo non me l'hanno fatto vedere. 

Polinice, poi, che bella trovata di Creonte! 'Che venga mangiato dagli animali', ha detto. Voleva darlo in pasto ai porci. La differenza con le altre volte stava nel fatto che aveva voluto che tutti guardassero, che tutti temessero di fare la stessa fine se si fossero opposti a lui. Si sentiva sicuro, Creonte. Sicuro che nessuno gli si sarebbe opposto.

Aveva già fatto sparire tanti cadaveri di 'nemici'. Ma quello di Polinice era speciale: era il suo trofeo, la prova del suo trionfo. L'ultimo figlio maschio dell'odiato Edipo, lasciato marcire per strada.

Evviva Creonte! Evviva! - urlava la folla. 

Tebe era di Creonte. 

E allora è venuta fuori Antigone. Proprio Antigone, che doveva sposare il figlio del boss. Si è messa a gridare, a dire a tutti. 'Io non lascio il corpo di mio fratello ai cani'. Gridava contro Creonte, lo capite? Osava gridare contro il capo. Proprio lei. Che Creonte aveva graziato, l'aveva fatta sua nuora, la voleva nella famiglia. 

Certo, è durata solo qualche ora la sua ribellione. L'hanno presa a mezzogiorno, mentre cercava di portare via dalla strada il cadavere di Polinice.

L'hanno presa e l'hanno portata a Creonte.

'Che ne facciamo?', ha detto il capo della polizia.

Non so, se si fosse inginocchiata, se avesse chiesto pietà, perdono, se... forse, forse, Creonte l'avrebbe lasciata andare.

Ma sposare Emone ormai era un discorso chiuso, Creonte non poteva permetterlo più. Ma almeno... mettersi a piangere, mostrare un attimo di cedimento.

E invece lei niente, zitta, ha detto solo: 'uccidimi pure, se vuoi, quello era mio fratello e tu non potevi lasciarlo mangiare dai porci e dai cani'. Punto. 

Poi sottovoce: 'Io sono la figlia di Edipo' - ha aggiunto.

Incosciente. 

Creonte l'ha fatta portare via.

Ho cercato di dire qualcosa, non mi ha degnata di uno sguardo.

L'hanno portata in prigione, dove non so. Alle tre di notte mi hanno chiamato: 'si è uccisa', hanno detto.

Come?

'Si è uccisa, si è impiccata' - hanno riattaccato.

Oggi è un giorno speciale. Rivedrò mia sorella. La vedrò come non avrei mai voluto vederla.

Cosa è ora, Antigone?

Un corpo. Un corpo da trattare con guanti e disinfettanti. Un corpo portatore di tracce.

Come sei morta, Antigone?

Lo scopriremo, insieme. 

Angelika Hofstetter interpreta Ismene

Parla ad Antigone

Noi, ho detto noi, Antigone! 

Eppure non siamo mai state noi. Non siamo mai state indivisibili. Siamo sempre state divise.

Tu mi hai sempre preceduto. 

Tu fidanzata prima di me, promessa sposa a Emone figlio di un re.

Ed io?

Non era mai accaduto che la più piccola fosse data prima della maggiore. Non dovevo io sposarmi prima di te?

Si, certo.

Ma Emone voleva te. Anzi: Creonte voleva te. Voleva te per la sua discendenza. Voleva te per generare gli eredi al trono.

Non me, la sorella maggiore. Te. 

Noi, Antigone, sorelle, così vicine, così distanti. 

Lo so quello che si dice: che io ero così sottomessa e tu ribelle. 

Io ero la storia, il passato e tu la giovinezza, l’intemperanza, la fretta.

E se fosse vero il contrario? Io ero troppo ribelle, troppo colta, troppo indipendente per piacere a Creonte. Io sono un medico. Mi sporco le mani con i feriti e con i cadaveri. Faccio un mestiere da uomo. Ho voluto farlo. Io non posso essere la moglie di nessuno.

Tu invece sembravi a Creonte la moglie adatta a suo figlio. Emone è sempre stato un po' infantile, e Creonte voleva dominarlo, in tutto. 

Quel matrimonio toccava a te. E tu non volevi. Piuttosto mi ammazzo, mi dicesti.

Tu volevi diventare regina. O regina o niente. Non volevi diventare moglie di un uomo che disprezzavi. Che forse ti faceva persino un po' di tenerezza. Non volevi diventare la nuora di un violento, di un mafioso. Di chi ci aveva rubato la città.

Piuttosto mi ammazzo - dicevi. 

Io non ti presi sul serio.

Il tuo ruolo era quello di moglie e madre. Anche con Edipo ti eri comportata così, come moglie e madre, lo avevi accompagnato in esilio, gli avevi fatto da badante. Io non ero nata per la famiglia, non so cucinare, non so cambiare pannolini. Io ho voluto sempre solo studiare. Nessuno mi calcolava, ero una specie di pecora nera, destinata a restare sola. Una donna di pensiero, di cui aver diffidenza, persino paura. Quella che apre i morti alla ricerca di qualcosa. Quella che sa il mistero delle malattie. Una specie di maga. Ismene, 'colei che sa'. 

Ismene non è mai entrata nelle stanze del potere. Ismene aiutava i malati, i moribondi. Poi anche questo fu ritenuto disdicevole per una donna della famiglia.  Allora Creonte mi ha mandato a chiamare, l'unica volta che si è degnato di parlarmi e mi ha nominato medico legale di Tebe. Per chiudermi la bocca, in realtà. Per potermi comprare nelle autopsie che riguardano crimini di Stato. Per far sparire le prove.

Così speravano.

Ma io quelle prove le ho raccolte. E sono tutte in un dossier, che pubblicherò quando anche questa storia sarà finita. Prima, ho bisogno di sapere come davvero è morta Antigone. 

Io, Ismene, stavolta sarò incorrutibile. Stavolta dirò la verità a tutti. Perché sei morta, Antigone, chi ti ha uccisa. Lo dirò. Lo urlerò. Come hai fatto tu quando volevi seppellire Polinice. Forse scambieranno anche me per pazza. 

A te Creonte - che già cospirava di salire al trono anche quando Edipo non si era accecato - aveva destinato di diventare regina. Non a me.

Piacevi a Creonte. Piacevi anche  in 'quel' senso. Ti voleva. E forse sperava di sedurti. O di comprarti. Il che per lui è lo stesso. Anche per questo non ha sopportato quando tu ti sei ribellata.

Non poteva sospettare che proprio tu ti saresti ribellata.

Tu, la principessa.

Io temo che ti abbia ucciso Creonte. Con le sue stesse mani.

E sarò io a vedere se ha lasciato tracce, indizi della sua colpevolezza

'Si è impiccata' - mi hanno detto per telefono.

'E come ha potuto?' . Silenzio

'Era da sola?' - silenzio. 

Angelika Hofstetter interpreta Ismene

Al pubblico

Al suo confronto io sparivo. Non perché lei fosse più bella di me, anzi, io lo ero molto di più.  Ma io risultavo sbiadita, spenta. In una festa bastava un suo sguardo perché nessuno mi notasse.

Invidia, gelosia? No. Come si può invidiare una sorella?

Ero io la più grande. E lei non lo rispettava, ecco. Lei si comportava da grande, da più grande. 

A lei riusciva naturale farlo e a me riusciva naturale subirlo. Non potevo rimproverarla, era più piccola. Io dovevo e potevo solo capirla, perdonarla, giustificarla.

Così lei doveva diventare regina, non io.

Lei doveva sposare Emone, non io.

E alla fine, nella bugia che si è voluta inventare, lei voleva seppellire Polinice, non io. 

A me tutte queste storie erano estranee, indifferenti. Io volevo fare il medico. Volevo aiutare gli altri. 

Del trono di Tebe, non mi importava nulla.

Dei ragazzi, non mi importava nulla.

Di sposarmi, non mi importava nulla.

Di avere figli, non mi importava nulla.

Di seppellire Polinice, non mi importava nulla.

Nemmeno di Eteocle mi importava nulla: era uno stupido vanesio. 

Forse anche di Antigone, non mi importava nulla.

Facesse quello che voleva. No, sono ingiusta. Era mia sorella. La amavo, dopo tutto. 

Angelika Hofstetter interpreta Ismene

Parla ad una signora del pubblico

Lei signora che accavalla e scavalla le gambe. Io so cosa prova. Avrà letto di noi a scuola e ha sempre pensato a noi, quando a tavola si trovava di fronte suo padre e sua madre…

Al pubblico

Quando Antigone mi propose di seppellire Polinice contro gli ordini di Creonte che voleva lasciare il cadavere al cielo, io capii subito che Antigone voleva solo evitare il matrimonio con Emone. Le dissi: 'no, è un problema tuo'. Lei annuì e andò via. Non mi venne in mente di fermarla. 

Non le interessava davvero seppellire Polinice, lei aveva bisogno di una buona ragione per inimicarsi Creonte. Io non le detti molta retta, non ero nemmeno sicura che avrebbe davvero infranto il decreto. Invece andò per le strade urlando che l'avrebbe fatto, che avrebbe sepolto Polinice nonostante il divieto di Creonte. La credettero pazza. Io non l'ho aiutata, è vero. L'ho lasciata fare. 

Io ero e sono stanca. Stanca di morti ammazzati e di una famiglia di assassini e di folli. Anche nostra madre. Che si è uccisa per noia. Sono cresciuta con quel suicidio nella mente, nel cuore. Mi era mancata, mia madre.  E quando la 'piccola' Antigone, l’infervorata Antigone, livida di vendetta e ribellione mi propose di seppellire il cadavere di Polinice capii subito che aveva trovato un nuovo modo per attirare su di sè l'attenzione, per evitare il matrimonio, per combattere a modo suo Creonte. Non sapeva che rischiava di morire. E invece rischiava di morire. Io lo sapevo, io lo temevo, cercai di metterla in guardia. 'Così vai a morire' - dissi. E lei caparbia' Anche se, chissenefrega'. E andò via, senza voltarsi. 

Io comunque non volevo averci nulla a che fare. 

Lei ha scelto la morte, si dice.

Noi, lei desiderava il potere, come tutti nella mia famiglia, e non le andava bene il ruolo che la vita le aveva dato. Non voleva essere una seconda Giocasta. Non voleva essere una moglie. Forse non voleva nemmeno essere una donna.

Credo sia vero che preferisse la morte a una vita che non voleva, il suo orgoglio superava l'amore stesso per la vita.

Io però ho scelto sempre la vita. Una vita senza potere e senza regni da amministrare. La vita vera, quella che fa male. 

E so anche che Antigone non aveva calcolato bene il rischio. Sì, forse la morte le era indifferente, ma se avesse avuto davvero desiderio di morire sarebbe stata davvero felice di morire. Invece ha sperato sino all'ultimo di evitare di morire. 

Quando l'hanno portata in prigione, era avvolta da tristezza, da dolore, ma non rassegnazione. Non si aspettava di morire. Non subito almeno.

Si lamentava. Scongiurava persino le guardie: 'sono così giovane, così giovane'- sussurrava. 'Non ho fatto niente', ripeteva piangendo. Ha tentato persino di sedurre le guardie. Forse l'avrebbero lasciata andare. Non li commosse. E poi, non avrebbero mai rischiato la vita. Se l'avessero fatta scappare, Creonte li avrebbe fatti fuori. No, troppo rischio da correre per una povera pazza con manie di grandezza che vuole il potere dei maschi. 

Perché avrebbe dovuto uccidersi? E come ha fatto ad impiccarsi?

Chi c'era in cella con lei?

Com'è morta davvero, Antigone?

Angelika Hofstetter interpreta Ismene

 

Parla nell’auricolare

Sto bene, si sto bene. Lo so, è impegnativo. No, non rinuncio:ho chiesto io, l'incarico. Sarò io, proprio io, a fare l'autopsia sul corpo di Antigone. Io, la sorella. Io, la vigliacca che non ne ha voluto condividere il destino. Ma vedete: questo è il punto. Com'è morta Antigone? Si crede di saperlo, ma io, io non lo so. Io voglio saperlo. E io oggi farò quell' autopsia.  

Al pubblico

Come faccio ad aprirle l’addome, la testa? Potrebbe urlare dentro la mia testa quando le farò scorrere il bisturi sulla pelle…

No, non tutti i cadaveri sono uguali. Aveva ragione Antigone. Non avrebbe mai sepolto un altro, ma quel corpo era di Polinice, era di suo fratello. Non era un traditore come gli altri, non era un cadavere come gli altri, era il corpo senza vita di suo fratello. 

Cosa vuol dire 'sorella', cosa 'fratello'? Forse, lo sappiamo solo davanti alla morte.

Io lavoro con i cadaveri. Sono il medico legale di Tebe. Ma questo è un cadavere speciale. Con cui parlo. Su cui piango - e non posso. 

Tu, Antigone sorella. 

Tu hai voluto morire. Io non ne potevo più di morti.

La nostra: una famiglia di omertà, di silenzi, impenetrabili. Un codice d'onore da rispettare. 

Violenza, sempre violenza.

Perché? Mi sono chiesta. Perché? Ma a chiederlo sono stata solo io, Ismene.

Io, la vera ribelle. Non Edipo, Giocasta, Polinice, Eteocle, Antigone. Loro non hanno chiesto il perché. Si sono affidati al destino. Si dice così: 'destino'? 

Io ho chiesto il perché e ho cercato la risposta continuando a vivere.

Io ho scelto di vivere. 

E ora dialogherò con un cadavere muto. Ora io, la dottoressa Ismene, darò inzio all'autopsia. 

 

Parla nell’ auricolare

Iniziamo? Come, non sono arrivati i permessi? Come? Il procuratore non ha ancora firmato? Non è possibile: io sono pronta. No, dite a Creonte che io farò l'autopsia. Dite a Creonte che la renderò pubblica. Dite a Creonte che ho già chiamato i giornalisti: tutta la città deve sapere perché Antigone è morta. Dite a Creonte che sono irremovibile. 

Christin Wehner interpreta Ismene

Al pubblico

Ho amato Antigone. L'ho amata davvero.

Non volevo andasse a morire. Non lei. 

Dallo spettacolo 'Il complesso di Ismene' Milano 2014

Si, ho amato Antigone.

Ma non si ama solo a parole.

Non le ho mai dato una carezza. Non le ho mai dato un bacio.

Ora, per la prima volta toccherò il suo corpo. Aprirò il suo corpo. Chiederò al suo corpo cosa è successo davvero. 

Ora che lei non può più rispondermi.

Ora sarò io a trovare le risposte. 

 

 

(…)

Dallo spettacolo 'Il complesso di Ismene' Milano 2014

 

 

 

 Le foto: la foto di Giorgina Cantalini è tratta da qui. Nella prima serie di foto, Sabine Lorenz interpreta il monologo di Lot Vekemans. Le foto sono tratte da https://www.die-ismene.de/. Nella seconda serie di foto Angelica Hofstetter in un'altra edizione dello stesso monologo prodotta da Theater Orchester Neubrandeburg Neustrelitz: https://tog.de/projekte/ismene-schwester-von/. Nelle ulteriori due foto Christin Wehner com Ismene nello stesso monologo in un'edizione del 2018 (https://www.nordbayern.de/kultur/premiere-in-nurnberg-im-schatten-von-antigone-1.8272801?rssPage=bm9yZGJheWVybi5kZQ==). Le ultime due foto sono tratte dallo spettacolo 'Il complesso di Ismene' tratto dall'omonimo libro di Adele Falbo, rappresentato al Teatro Oscar di Milano nell'ottobre 2014 (cfr. https://www.milanoreporter.it/complesso-ismene-al-teatro-oscar/). Su Ismene (e il monologo di Lot Vekemans vd. qui).