default_mobilelogo

Newsletter

Vuoi ricevere una notifica quando sono disponibili nuovi contenuti sul nostro blog? clicca qui

Alcesti / Everywoman

Nel tempo nero della seconda guerra mondiale Marguerite Yourcenar scriveva una commedia in un atto sul mistero del­la morte e della resurrezione: Le Mystère d’Alceste.

Il fine, dichiarato nell’introduzione (Examen d’Alceste), era «rivisi­tare con devozione una leggenda antica per renderla, se possibile, più immediata e accessibile, per ricavarne da una parte l’eterna tragicom­media del lutto, il girotondo degli inopportuni e degli indifferenti sem­pre presenti intorno a un letto funebre, e dall’altra gli aspetti quasi li­turgici, il gioco di morte e resurrezione, ciò che è veramente, nel senso che il nostro Medioevo attribuiva al termine, un mistero, vale a dire un dramma sacro».

Nel nostro tempo stravolto dal vento nero del Covid 19, che con la sua insidiosa e inarrestabile forza ha attraversato il mondo, il teatro è stato costretto a fermarsi o a cambiare rotta. Milo Rau, che all’inizio del 2020 era in Amazzonia, impegnato con Antigone, ha dovuto dare un altro corso al suo lavoro e ha sentito prioritario intraprendere un viaggio intorno alla morte, a ciò che ognuno lascia appena ha oltrepassato il limite ignoto, agli attimi sospesi tra l’essere e il non essere più. 

Che la morte e il dopo riguardino inesorabilmente ogni essere umano è un dato di fatto ed è dal confronto con la morte in Jedermann (Ognuno) di Hugo von Hofmannstahl, ispirato al quattrocentesco dramma religioso e didattico Everyman, che Milo Rau ha iniziato il proprio cammino nel mistero della morte e della sua indissolubile sorella. La presenza di Ursina Lardi, dopo Compassion e LENIN, in questa avventura di straordinaria intensità, ha reso inevitabile per Rau il passaggio da Jedermann a Everywoman, ma le ragioni vanno ben oltre quella lapalissiana, come hanno spiegato Rau e Lardi in un incontro con Claudio Longhi (al Teatro Strehler, da rivedere qui). Una scelta simile, e ugualmente efficace, fu compiuta solo – per quanto ne so – nel 1902-03 dal regista Ben Greet, che fece interpretare lo stesso morality play Everyman dall’attrice Edith Wynne Matthison.

Everywoman non è un ‘adattamento letterale’ di Jedermann – come Orestes in Mosul non lo è dell’Orestea – e questo perché «the literal adaptation of classics on stage is forbidden. If a source text – whether book, film or play – is used at the outset of the project, it may only represent up to 20 percent of the final performance time» (regola 4 di The Gent Manifesto, redatto da Rau in qualità di direttore del Teatro di Gent). La scena di Everywoman raccoglie così alcuni semi dell’opera di von Hofmannstahl per lanciarli in un terreno lontano dallo scrittore austriaco e molto vicino a noi, un terreno disseminato di domande sul morire, sul vivere, ma anche sul senso e sullo scopo del teatro che oggi, nel 2020-21, dopo la drammatica cesura della pandemia, vanno di nuovo poste. Everywoman è Ursina Lardi, un’attrice instancabile, che ama sentire il peso del lavoro, visualizzato in scena da un masso millenario, ma è anche una donna simile a ognuna di noi; Everywoman è anche Helga Bedau, un’anziana donna appassionata di teatro anche e ancora nel momento in cui la morte entra a sorpresa nei suoi giorni e la sua vita prende bruscamente un’altra direzione.

Come ci sentiremmo se ricevessimo la notizia di essere malate senza possibilità di cura? Sole, come non siamo mai state. Precipitate in un abisso da dove sappiamo che nessuna mano ci risolleverà. Cosa faremmo? Ognuna cercherebbe qualcuno a cui dire ‘sto morendo’: l’amore di una vita, Dio, un figlio, un amico, uno sconosciuto.

Gentile signora Ursina Lardi, vado spesso a teatro ma ora i teatri sono chiusi. Da giovane ho recitato piccoli ruoli. Ora ho un cancro”. Helga Bedau, sola nel suo dolore, ha scelto Ursina Lardi per dirle della sua incurabile malattia in una lettera realmente spedita. Finzione e realtà si guardano negli occhi: in Everywoman la morte è, non è solo rappresentata, e al contempo è, proprio nel momento in cui viene rappresentata.

Il numero di telefono scritto nella lettera dalla Bedau è la pudica richiesta di un dialogo prima che sia troppo tardi. Il tempo, crudele padrone e divoratore della vita, lo è ancora di più quando il vento freddo si avvicina e avvicina ancora e ci si chiede, tra rabbia e impotenza: perché proprio io? Nel campo di battaglia dove la morte raggiunge l’uomo, il vincitore è sempre certo ed è vano opporgli resistenza. Prima di Jedermann o di Everyman, l’Alcesti di Euripide ha rappresentato in modo esemplare questo luogo di scontro, dove a lottare contro Thanatos non sono solo una donna (Alcesti) o un uomo (Admeto) ma un semidio (Eracle) che, pur non potendo eliminare del tutto la Morte, riesce comunque a fermarla e concedere così altro tempo di vita alla preda del dio Thanatos (Alcesti).

Più la morte avanza, più il passato torna davanti agli occhi di chi sta per andare via. Helga, come Alcesti (da Euripide in poi), vede scorrere da attore-spettatore il film della sua esistenza. Lo sguardo indugia sui compagni di viaggio, sulle città, sui boschi, sugli oggetti più cari, tracce visibili e tangibili della vita. Gli oggetti: che fine faranno? Moriranno anche loro? Cadranno in mani che ne avranno cura o verranno gettati via con indifferenza?

Nella stanza della musica, su un pianoforte a coda, Ursina dispone foto, fogli, piccole cose, tirandole fuori da una comune scatola di cartone, che potrebbe appartenere a ognuno di noi. C’è un ritmo lento, quasi rituale, nei suoi gesti. Mentre li compie, non dice nulla. Si sente però, in questa prima scena di Everywoman, la musica sacra delle campane i cui rintocchi, secchi e mesti, disegnano uno spazio sonoro che fa intendere che non ci saranno resurrezioni né mitici ritorni sulla terra (Alcesti). Il pezzo di mondo che Ursina mostra appartiene a Helga. Le foto ritraggono lei da giovane, il figlio; i fogli, invece, sono copioni dei suoi piccoli ruoli da attrice, e un foglio leggero, chiuso in una cartella, è quello che ha il peso per far precipitare tutto per le parole “carcinoma avanzato al pancreas. Incurabile. Stadio avanzato”. Gli oggetti hanno una funzione drammaturgica essenziale in Everywoman: non sono un arredo di scena, ma trattengono vita ed emozioni che danno il la per buona parte del racconto di Helga e di quello parallelo di Ursina, in un intreccio di ricordi di esperienze simili – l’addio alla città natale per recarsi a Berlino; la maternità; la malattia di Helga su tutte.

Che fine faranno quelle piccole cose? Everywoman risponde con il gesto di Ursina di riporre gli oggetti di una vita nella scatola. Non resta altro che seppellire.

Gli occhi bui del cavallo e la caduta di Icaro

In un coinvolgente monologo, Lardi ricorda una corsa di cavalli all’ippodromo. Ne parla come se dicesse della vita che corre, tra empiti di fuga e timori, coinvolgimenti e distrazioni. Un cavallo si separa dagli altri. È solo. La morte, inattesa, lo raggiunge. Cade; la gamba sottile e vigorosa si spezza e, nonostante i tentativi, è impossibile per lui rialzarsi. Ursina ricorda di aver incrociato gli occhi del cavallo dopo la caduta e che solo allora si è sentita guardata davvero. L’ultimo sguardo del cavallo morente è il primo per la donna, che si è trovata a stare, per uno dei giochi del destino, tra l’animale e l’ombra nera della Morte, il “qualcosa dietro di me” – dice –, da cui il cavallo è stato attratto fatalmente.

A ogni uomo e donna che non si ritrae davanti a occhi bui come quelli raccontati corrispondono uomini e donne indifferenti alla caduta.

Sono i «sem­pre presenti intorno a un letto funebre» del «girotondo» della Yourcenar e quelli che tornano in mente a Helga, ripensando alla Caduta di Icaro di Bruegel dove, sotto un cielo senza dei, uomini e animali sono chiusi nella più totale indifferenza verso il giovane corpo di Icaro caduto tra le bocche voraci del mare. La solitudine di chi muore e il mondo indifferente alla morte.

L’ultima cena

Eppure ci sono canzoni che fanno sentire gli esseri umani vicini e complici, ma queste canzoni “che univa[no] tutti finisc[ono]” e “resta un vuoto nella mente e nel cuore” (Helga). Lo stesso accade quando ci si siede insieme a tavola.

Da un grande schermo che domina  il palco di Everywoman dall’alto, in un video pre-registrato in cui Helga interagisce con Lardi, assistiamo ai festosi preparativi di una cena: due, tre persone e altre ancora a prendere posto uno accanto all’altro attorno a una tavola imbandita con candele e ghirlande, una scena che allude a quella della cena di Jedermann (Salzburg Festival, 1920; 1946) dove piomberà la Morte.

In Everywoman la Morte è il convitato di pietra. Man mano il tavolo si spopola fino a diventare quello della solitaria ultima cena di Helga. Non è solo la morte a sorprendere con il suo arrivo improvviso e sconvolgente ma può stupire anche quel che resta della vita: la solitudine di Helga viene interrotta dall’incontro con Ursina e in scena, in particolare, da un movimento dell’attrice e da un gesto pieno di significato, anche simbolico. Per portare dell’acqua a Helga, Lardi esce di scena e va nello schermo. Supera il diaframma; siede così accanto alla donna, spezzando per un po’ il dolore dell’ultima cena, e condivide con lei da vicino il ricordo della Rosaline di Romeo e Giulietta, interpretata in gioventù da Helga. Tra i desideri non detti della donna c’è quello di una vagheggiata complicità tra colleghe di scena, il sentirsi davvero attrice anche solo per poco.

 

Il teatro

Rosaline, bellissima, distante, casta, è un personaggio ‘invisibile’, silenzioso, che si materializza in scena attraverso le parole di Romeo, innamorato di lei prima di incontrare Giulietta. Il ricordo di questo corpo incorporeo fa visualizzare a Helga ricordi della vita in cui il suo corpo è ugualmente privo di peso. È questo uno dei momenti di Everywoman caratterizzati da punti di contatto se non sovrapposizioni fra teatro e vita, fra il teatro di Everywoman e la vita di ognuna (Helga, Ursina, chiunque del pubblico). 

Come Romeo e Giulietta è la scintilla per parlare del corpo, della sua consistenza e del suo destino, sul palco e nella vita, così l’opera di Hofmannstahl e il morality play sono l’occasione per Lardi (e Rau) per interrogarsi sul senso e sul fine del teatro oggi, a cominciare dal fatto che il teatro del 2021 non può più proporre “una morale” e deve suggerire “tipo di redenzione” diverso rispetto a quello di opere come Jedermann o Everyman. Con i pensieri di Lardi (e Rau) sul teatro sparsi in Everywoman si potrebbe stilare quasi un corollario del Gent Manifesto: il teatro è “unità, insieme, coralità, comunità”. Il “momento di vuoto prima dell’azione, quando non c’è un tema ma un’infinità di temi possibili” è il più fertile e gli va dato spazio. In teatro l’artista ha davanti a sé uno “schermo bianco”: spetta a lui “colorarlo con le vite di tutte le ere”, con la consapevolezza che queste “alla fine sprofonderanno, come il cavallo all’ippodromo” e con “il suo stesso sguardo”. È diritto-dovere dell’attore vivere a pieno e condividere “la tensione prima dell’applauso”, quel momento di “vuoto assoluto che ci unisce tutti”.

 

Nachlass / Everywoman

Mentre assistevo a Everywoman è stato inevitabile ripensare a Nachlass (eredità, lascito) dei Rimini Protokoll, una ricerca sulla morte, su come affrontarla, su cosa ognuno desidera resti di sé, sulle possibili comunicazioni fra vivi e morti, sul tempo – della morte e del dopo, dei ricordi e dei rimpianti –. Le consonanza tra Nachlass ed Everywoman non si fermano al tema. Anche in Nachlass il fine vita di donne e uomini è reale e non mostrato attraverso personaggi di pièces teatrali; ugualmente si intrecciano racconti e memorie e sono analoghi i modi di fissarli: in Nachlass, nella storia di Jeanne, un’anziana signora come Helga, i ricordi sono affidati a fotografie; nella storia di Gabrielle, sono scatole di cartone a contenere pezzi della vita; in Nachlass, nel racconto del commerciante turco Celal, c’è la stessa preoccupazione di Helga per il luogo dove andare a morire, per i preparativi del funerale e le spese per l’ultimo viaggio. Simili corrispondenze non sorprendono perché ogni “vita si dissolve e restano solo frammenti”, perché il viso di ognuno e di ognuna “sprofonda nell’oscurità del passato” mentre “tutto va avanti”.

 

Morning Sun

“Vorrei morire in estate. La finestra è aperta”. Il desiderio di Helga e il modo in cui lo esprime hanno alcuni toni e forme della donna sola, seduta su un letto bianco in perfetto ordine, con corpo teso e sguardo fisso verso un oltre che l’unica finestra aperta della stanza dischiude. Fermarsi tra solitudine e silenzio, attendere, nel sole del mattino (Morning Sun, Edward Hopper), in un giorno d’estate (Everywoman). La voce e lo sguardo di Helga fanno percepire una tensione fra dentro, dove lei è sola con il suo desiderio, e fuori. La tensione di questo momento sospeso inizia a sciogliersi appena Helga precisa il suo esterno, che non è di sole caldo, ma di pioggia leggera e vento. Chissà se il desiderio è stato esaudito (Helga non è più in vita), certo lo è stato in teatro e in teatro si rinnova ancora, a ogni Everywoman. Un gesto della Lardi e una macchina teatrale: ecco la pioggia sul palco (come già in La Reprise. Histoire(s) du théâtre di Rau) a creare tra noi e Helga un muro tanto diafano e lieve quanto reale e concreto, uno ‘schermo’ che materializza uno degli ultimi  desideri si aggiunge a quello vero e proprio che fa esistere in scena Helga con il suo corpo, la sua voce, la sua vita. In questa visione quasi finale di Everywoman, della pioggia si sente anche l’odore e si avverte in platea un’aria fresca e leggera: altri sensi, oltre la vista e l’udito, vengono così coinvolti. Il teatro è “unità” – si è detto – e lo è anche di sensi.

Mentre la pioggia cade, si liberano altri pensieri: “Dio abbi pietà di me in tutta la tua compassione” e il mistero della morte trova una risposta consolatrice nel corale di Bach Jesus bleibet meine Freude, che Lardi suona al piano (la musica classica è tra le cifre del teatro di Rau). Helga ascolta e guarda dallo schermo, guarda, chissà quanto consapevolmente, anche noi, che ricambiamo il suo sguardo e in questo dialogo muto sembra ricrearsi il senso di quello fra una donna all’ippodromo e gli occhi bui di un cavallo. È un incontro di pochi indimenticabili istanti, in quella sottile terra di confine tra il vivere che sta per finire e il morire che sta per iniziare.     

Mentre una cassetta registrata fa ascoltare gli ultimi racconti di Helga su Berlino, sul passato, sulla migliore pizza della vita, la sua immagine al centro dello schermo, immobile nello stesso punto, come immobile è la donna di Morning Sun, si allontana da noi lentamente, sempre di più, si fa sempre più piccola fino a scomparire. Dissolvenza. Titoli di coda.

La vita finisce raccontando a noi stessi, a Dio, a sconosciuti, a chi ci è stato veramente accanto la vita che abbiamo vissuto. Negli istanti prima di morire vorremmo ricordare e raccontare per un’ultima volta le cose più semplici e amate della nostra vita, il suo mistero.

 

 

Piccolo Teatro Strehler, Milano / 14-16 ottobre 2021

Everywoman

di Milo Rau e Ursina Lardi

regia Milo Rau

scene e costumi Anton Lukas

video Moritz von Dungern

suono Jens Baudisch

drammaturgia Carmen Hornbostel, Christian Tschirner

ricerca Carmen Hornbostel

luci Erich Schneider

con Ursina Lardi, Helga Bedau (in video)

produzione Schaubühne, Berlino in coproduzione con Festival di Salisburgo

 

Le parole tra virgolette alte sono citazioni di battute di Everywoman.

La citazione in traduzione dall’Examen d’Alceste è da Luca Coppola, Giancarlo Prati, Marguerite Yourcenar. Tutto il teatro, Milano 1988, p. 255.

 

Su Le Mystère d’Alceste si possono leggere le pagine relative alla commedia in Gianni Poli, Invito alla lettura di Marguerite Yourcenar, Milano 1990, e il bell’articolo di Mario Telò,‘Aspettando Ercole’. Universalismo mitico e primitivismo romantico in «Le mystère d’Alceste» di M. Yourcenar, in Maria Pia Pattoni, Roberta Carpani (a cura di), Sacrifici al femminile. Alcesti in scena da Euripide a Ra­boni, «Comunicazioni sociali» 26 n.s. 3 (2004), pp. 387-410.

Per le ‘variazioni sul mito’ di Alcesti: Maria Pia Pattoni (a cura di), Alcesti. Variazioni sul mito, Venezia 2006.

Su Jedermann si segnala lo studio di Sonia Bellavia, “Jedermann” di Hofmannsthal nella regia di Reinhardt, «Il Castello Di Elsinore» 84, 2021, pp. 9-42 (https://www.ilcastellodielsinore.it/index.php/Elsinore/article/view/237).

Di Everywoman abbiamo già parlato in Quel che non sappiamo della morte. Rau/Lardi a Salisburgo; https://www.visionideltragico.it/blog/contributi/milo-rau-al-festival-di-salisburgo-con-una-riflessione-sulla-morte; di Milo Rau in https://www.visionideltragico.it/blog/biblioteca/perche-il-teatro-why-theatre-il-re-leone; https://www.visionideltragico.it/blog/biblioteca/perche-il-teatro-why-theatre-l-arte-e-un-diritto-umano; https://www.visionideltragico.it/blog/tragico-contemporaneo/l-arte-il-teatro-e-l-assassinio-di-luca-attanasio-e-vittorio-iacovacci-su-tribunale-congo-di-milo-rau.

Su Milo Rau: profilo professionale e artistico https://www.ntgent.be/en/ensemble/milo-rau; The Gent Manifesto, https://www.ntgent.be/en/about/manifest; pubblicazioni, https://www.ntgent.be/en/news/milo-rau-presenteert-3-nieuwe-boeken.

Su Orestes in Mosul: https://www.ntgent.be/en/productions/film-orestes-in-mosul; Milo Rau, Orestes in Mosul, Gent 2019.

 

Le foto sono tratte da

Edith Wynne Matthison in Everyman: https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Everyman?uselang=it#/media/File:Edith_Wynne_Matthison_in_Everyman.jpg.

Pieter Bruegel il Vecchio, Caduta di Icaro, 1558: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Pieter_bruegel_il_vecchio,_caduta_di_icaro,_1558_circa_01.JPG

Jedermann, Salzburg Festival 1920: https://archive.salzburgerfestspiele.at/history/1920.

Edward Hopper, Morning Sun, 1952: https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/who-is-who/2019/12/john-fante-anniversario-chiedi-alla-polvere/attachment/edward-hopper-morning-sun-1952-columbus-columbus-museum-of-art/.

Nachlass dei Rimini Protokoll: https://www.piccoloteatro.org/it/2017-2018/nachlass.

Everywoman di Rau e Lardi: https://www.piccoloteatro.org/it/2021-2022/everywoman; https://www.visionideltragico.it/blog/contributi/quel-che-non-sappiamo-della-morte-rau-lardi-a-salisburgo; https://www.schaubuehne.de/en/produktionen/everywoman.html?ID_Vorstellung=4656&m=416; https://lostdramaturgininternational.wordpress.com/tag/everywoman/.